lunedì 16 settembre 2024

“Nodo alla gola (Rope)” (1948) - regia di Alfred Hitchcock

 


Cult Movie


“Nodo alla gola (Rope)” (1948)


regia di Alfred Hitchcock 

con James Stewart, John Dall, Farley Granger, Joan Chandler, Douglas Dick, Cedric Hardwicke, Constance Collier, Edith Evanson, Dick Hogan


«A questo punto soltanto un delitto potremmo commettere: il delitto di fare uno sbaglio. L'essere deboli è uno sbaglio.»


Alfred Hitchcock, in un’intervista a Truffaut, ebbe a definire la sua prima pellicola a colori, lo stupefacente piccolo grande gioiello di “Nodo alla gola”, “un pasticcio” che si convinse chissà perché a girare, e che lo allontanava da quello che aveva deciso fosse il suo stile dell’epoca, che era basato sulla segmentazione dei film e sulle possibilità offerte dal montaggio. 

L’idea, comunque fosse, fu ideata da lui, e fu concepita dopo essersi imbattuto nella commedia teatrale di Patrick Hamilton.


L’intenzione era quella di adattare la commedia agli stessi suoi tempi, girandola, esclusivamente all’interno di un appartamento, con una sola inquadratura, un solo piano sequenza, interrotto solo da cambi bobina, che però si interrompeva nel punto esatto in cui sarebbe poi stato ripresa con la bobina successiva, facendo passare gli attori davanti alla cinepresa, un modo originale di montare il film in anticipo.

I dialoghi sono spumeggianti e tutti gli attori si attengono ad una recitazione squisitamente teatrale.


La tecnica per girare “Nodo alla gola” era allora del tutto sperimentale, con mobili e pareti che scorrevano.

La sua realizzazione risultò davvero assai complicata, con bobine rovinate per ogni minimo errore e il regista a girare di nuovo da capo l’intero spezzone. La meticolosità di Hitchcock in questo film è al di là di ogni immaginazione, quindi appare quantomeno severo il suo giudizio, visto che ammise che la cosa lo divertì molto. Tuttavia, è comprensibile, perché le sperimentazioni costano sempre qualcosa a chi è abituato a muoversi in un certo schema già collaudato.


Era stato costruito, inoltre, un modello finto di grande finestra, come sfondo per buona parte delle riprese, che riproduceva i grattacieli di New York con delle nuvole. Un effetto di grande suggestione. Uno sfondo mobile che veniva cambiato mentre non era inquadrato. Il miracolo continuava con l’uso del colore, considerato anche il fatto che, essendo la prima volta, la difficoltà era di rendere il passaggio del tempo dal giorno alla notte tramite varie sfumature cromatiche; e il risultato finale è semplicemente sorprendente.


Gli accorgimenti non si limitano solo agli aspetti visivi, ma vanno oltre, ci sono anche molte invenzioni sonore nel film, come quelle finali della folla oltre la finestra e della sirena. Tutto avviene cercando di replicare esattamente con grande realismo una serie di più disparate situazioni.

È comunque lo stratagemma della cassapanca con cadavere, usata come tavola apparecchiata per la festa, il vero colpo di genio di tutta la rappresentazione.


Il plot poi si intreccia perfettamente con la recitazione. James Stewart è semplicemente ammirevole nella sua ricerca della misura. Il personaggio che interpreta, il prof. Rupert Cadell, è un po' il deus ex machina di tutta la vicenda, il breve monologo finale sul senso dell’etica e della libertà è paradigmatico, così appassionato e disperatamente autocritico nei confronti di educatori che giocano per diletto con idee mostruose.

Un film che, a quasi ottant'anni dalla sua realizzazione, non è invecchiato neanche un po’.


“Nodo alla gola” è un po' l’anticipazione di “Delitto perfetto”, stesso taglio teatrale, stesso colpevole svelato all’inizio, ma a mio parere a un livello persino superiore. In questo caso, ben due colpevoli, giovani ex studenti di Cadell, con caratteri completamente opposti: spavaldo e con delirio di onnipotenza Brandon, terrorizzato e oppresso dal senso di colpa Philip, rispettivamente gli ottimi John Dall e Farley Granger. Sono chiaramente una coppia gay, ma la cosa non viene mai resa del tutto palese, dato il divieto che c’era all’epoca di inserire nei film personaggi omosessuali. Hitchcock aggirò con astuzia tale proibizione.


Mentre, è veramente esplicito il messaggio, insito nel racconto, di condanna di un’ideologia di ispirazione nietzschiana, sulla superiorità morale e intellettuale che consentirebbe il dominio dei migliori e la sottomissione dei più deboli. Nel 1948 l’eco del nazismo pesava ancora molto sulla coscienza collettiva. 

Di una dolcezza incantevole è anche l'interpretazione di Joan Chandler nella parte di Janet.

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