Consigli di lettura.
Lorenzo Tibaldo
"Sotto un cielo stellato - Vita e morte di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti" (2008)
«Sto soffrendo perché sono un anarchico, e in effetti io sono un anarchico; ho sofferto perché sono un italiano, e in effetti io sono un italiano; ho sofferto di più per la famiglia e i miei cari che per me stesso; ma sono tanto convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e per due volte, io potessi rinascere, vivrei di nuovo per fare esattamente ciò che ho fatto finora.»
Bartolomeo Vanzetti, al momento della notizia della sentenza di morte.
«Buona sera, signori! Addio mamma! Viva l'Anarchia!»
Nicola Sacco, pochi istanti prima di morire.
«Desidero riaffermare ch'io sono innocente di tutti i crimini, non solo di questo, ma di tutti i crimini.
Signori vi perdono di tutto il male che mi avete fatto. Io sono innocente. Non ho mai ammazzato alcuno.
Addio, signori.»
Bartolomeo Vanzetti, davanti alla sedia elettrica.
«Vidi un uomo sulla cinquantina, rasato, roseo, dall'aspetto sereno e affabile.
Dal suo viso mi parve che dovesse essere un uomo di cuore. Mi disse che non voleva ingannarci, che non c'era più niente da fare. Durante tutto il colloquio egli non cessò di sorridere affabilmente, senza il più piccolo gesto di accoramento o di commiserazione. La Sacco era già stata da lui una volta e Fuller si era doluto con lei che non gli avesse portato a vedere i bambini. Pochi giorni prima, dopo aver interrogato mio fratello, mi aveva stretto con effusione la mano, come un amico. Non ho mai veduto un uomo più odioso.»
Luigina Vanzetti, a proposito dell'incontro col governatore Fuller.
È indubbio che il merito maggiore di aver tramandato memoria, almeno in Italia, della vicenda di Sacco e Vanzetti va soprattutto al bel film omonimo del 1971 di Giuliano Montaldo. È lo stesso Montaldo a raccontare nella breve premessa a questo libro quale fu la genesi del film e quante energie siano occorse per realizzarlo e per trovare un finanziatore. Un famoso produttore cinematografico, sentito il nome dei due anarchici, chiese se fosse una ditta di import-export.
A dimostrazione che del loro ricordo, nel nostro Paese in quel periodo, era rimasto ben poco.
A seguito della pellicola di Montaldo, però, Sacco e Vanzetti entrarono talmente tanto nell'immaginario delle nuove generazioni, in rivolta negli anni settanta, che la loro vicenda divenne uno dei simboli delle battaglie per la libertà, i diritti sociali e l'emancipazione. Le grandi interpretazioni di Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla, la colonna sonora di Ennio Morricone e la voce di Joan Baez contribuirono non poco alla creazione del mito. Film comunque ispirato ad un dramma teatrale, con protagonisti gli stessi due attori, rappresentato nel decennio precedente.
Tuttavia, in pochi sanno che il film di Montaldo fu anticipato da un programma televisivo. Uno sceneggiato, proveniente dagli USA, dove era stato trasmesso senza difficoltà, ottenendo addirittura la candidatura agli Emmy, e che doveva essere trasmesso dalla RAI in due puntate nel 1965, ma che fu bloccato probabilmente dal governo di centro sinistra dell'epoca, per non fare cosa sgradita agli americani.
In Italia, riuscì ad andare in onda solo nel 1977, guarda caso nell'anno della "riabilitazione", ben sei anni dopo l'uscita dell'opera cinematografica.
Dino De Laurentiis, inoltre, sempre negli anni sessanta, ne annunciò più volte una versione per il grande schermo con, addirittura, come interpreti Frank Sinatra e Anthony Quinn, ma la cosa poi si perse nel nulla, probabilmente per le solite pressioni politiche.
Tra l'epoca dei fatti e il film del '71, il caso di Sacco e Vanzetti, ogni tanto tornava in auge. Negli USA restò una ferita aperta. La società si divise in due. La stampa, una parte dell'opinione pubblica, il mondo della cultura e gli artisti lo tennero in vita per decenni. La discussione animò tutto il Paese, come quasi mai era avvenuto prima.
Anche se purtroppo, il copione si ripeterà ancora con il maccartismo e con l'esecuzione dei coniugi Rosenberg.
Oggi, di Nick e Bart in Italia si parla raramente. I ragazzi delle nuove generazioni ignorano per lo più pure chi fossero.
I due anarchici non vanno più di "moda", così come d'altronde non lo andavano già nel 2008, quando uscì questo libro. Non deve stupire che la pubblicazione sia a cura della Claudiana, casa editrice delle Chiese Evangeliche in Italia (valdese, luterana, metodista e battista), perché la Claudiana ha mostrato spesso grande interesse per gli eretici e i ribelli di ogni tipo.
In "Sotto un cielo stellato", libro corredato da immagini e fotografie dell'epoca, l'autore utilizza molte citazioni prese da articoli, testimonianze, libri, e lettere di Sacco, ma soprattutto lettere e libri di Vanzetti. Inframmezza le citazioni al suo testo, rendendo il saggio quasi un'antologia. Ricostruisce minuziosamente la vita dei due anarchici fino all'errore/orrore giudiziario e alla loro morte. Ma va oltre, parla di quello che accadde dopo, delle vicende legate alla "riabilitazione" (la prima richiesta di riabilitazione, fatta nel 1947, ebbe le firme illustri di Albert Einstein e Eleanor Roosevelt).
Fu un percorso di grande consapevolezza quello dei due anarchici. La loro adesione all'anarchismo era piena. Quella di Vanzetti avvenne a seguito di rigorosi studi filosofici. Parteciparono alle lotte sindacali, senza mai iscriversi ad alcun sindacato, anche se simpatizzavano per l'IWW (Industrial Workers of the World). Erano in polemica dura con il socialismo marxista e il parlamentarismo.
Anche le stesse loro ingenuità e contraddizioni ideologiche vanno lette con comprensione, perché tutte rapportabili a quel contesto storico.
La storia di Sacco e Vanzetti è anche la storia dell'immigrazione italiana negli USA, e non solo italiana. Una storia fatta di tante umiliazioni subite, di tanto sfruttamento inumano e di tante illusioni crollate. Una storia di discriminazioni che colpiva soprattutto gli italiani.
L'atteggiamento dei due nei confronti dell'America era assai diverso. Esercitava fascino su Vanzetti, che provava poca nostalgia per la sua terra. Mentre Sacco restava indifferente e aveva un solo desiderio: quello di tornare nella sua amata Puglia. Si stava infatti proprio accingendo a tornare a casa, quando fu arrestato.
Era comunque forte l'attaccamento alle rispettive famiglie, e grande il ruolo avuto nella loro vicenda dalle sorelle di Bartolomeo: Luigina e Vincenzina; e da Rosina, moglie di Nicola.
Il contesto descritto è terribile. La stragrande maggioranza degli statunitensi viveva di stenti. Le libertà sindacali erano continuamente minacciate, così come la semplice associazione. I metodi di repressione degli scioperi erano spaventosi, in mano anche a vere e proprie bande di criminali.
Si moltiplicarono assassinii e attentati che vennero spesso ingiustamente attribuiti agli anarchici e ai sindacalisti radicali, per poi scoprire che erano atti di cospirazione politica da addossare agli attivisti radicali.
Con l'entrata in guerra, l'opera di criminalizzazione, si accentuò, dando vita a una caccia alle streghe nei confronti di tutti gli oppositori. La coscrizione obbligatoria costrinse i due anarchici, fermamente contrari alla guerra, a fuggire in Messico, e lì si stabilirono per tutta la durata del conflitto.
Ma la fine della guerra non mise invece fine alla caccia alle streghe, che, anzi, si intensificò. I due dovettero fare i conti con questo clima che rese assai difficile la vita agli oppositori e ai militanti sindacali, anarchici e socialisti. Le provocazioni aumentarono con l'aumento della strategia della tensione, e con attentati di incerta matrice.
La repressione raggiunse il livello più alto con gli arresti e le deportazioni di massa, a cui tutta la stampa, compresa quella liberal, inizialmente diede consenso, e almeno fino all'inizio degli anni venti.
In questa atmosfera, si svolse la rapina e l'omicidio di cui i due anarchici vennero accusati, attraverso la costruzione di un vero e proprio teorema e calpestando qualsiasi minima garanzia giudiziaria.
Con il loro arresto, iniziò un calvario processuale, che terminerà solo con la condanna a morte.
Lorenzo Tibaldo evidenzia la dinamica pregiudiziale fondata su testimonianze ambigue e contraddittorie sfavorevoli ai due accusati, e nello stesso tempo il discredito gettato contro le tante testimonianze a favore, che avevano però il difetto di venire soprattutto da italiani e quindi di essere "inattendibili"; dinamica caratterizzata da una costante opera di demolizione, sia da parte dell'accusa, che del giudice, e facilitata dall'inettitudine della difesa, nel primo processo, e dal ruolo controverso di uno degli avvocati, nel secondo.
Manipolazione resa più agevole grazie al diffuso razzismo di cui erano fatti oggetto gli italiani.
Un clima di terrore e di assedio circondò poi lo svolgimento del secondo processo.
La condanna era già scritta, serviva un capro espiatorio, dovevano essere militanti radicali, meglio se anarchici, meglio ancora se italiani, nonostante la testimonianza di un partecipante alla rapina e nonostante che diverse prove li scagionassero.
Sacco e Vanzetti ebbero la sfortuna di avere il profilo adatto.
Gli stessi pregiudizi emersero alla fine anche in seno alla commissione consultiva Lowell, che deluse le aspettative di quanti speravano nella revisione del processo.
Esemplare fu però il loro dignitoso e irriducibile comportamento, che li portò ad affrontare a testa alta un vero e proprio calvario, e poi, la morte. Si rifiutarono di chiedere la grazia che li avrebbe condannati alla prigione a vita e più volte ribadirono: o libertà, o morte.
Andarono avanti alternando momenti in cui si nutrivano, sollecitati da amici e familiari, a scioperi della fame, motivandoli col fatto che preferivano suicidarsi, piuttosto che essere giustiziati in base a false testimonianze.
Accompagnati da un'enorme solidarietà, dentro e fuori la nazione americana, attraverso mobilitazioni e scioperi di massa, e con petizioni anche trasversali, tra le quali quella di Pio XI, che chiese esplicitamente un atto di clemenza.
La loro causa acquisirà nel tempo anche insospettabili sostenitori all'interno delle istituzioni italiane, nonostante e a prescindere dal regime fascista, e con tutti i rischi che comportava. Fu infatti complessa e molto articolata la posizione del governo italiano, in bilico tra l'orgoglio nazionale, con la difesa di due concittadini, e la prudenza diplomatica per non urtare troppo gli USA, a cui il regime mussoliniano non era affatto sgradito e in qualche modo anche sostenuto economicamente.
In ogni caso, passi abbastanza rilevanti furono compiuti per chiedere clemenza, ma sempre accompagnati da una certa ambiguità, sia per motivi politici (erano pur sempre antifascisti), che per opportunismo economico.
Particolare attenzione Tibaldo la dedica a delineare le differenze in seno all'anarchismo, anche sull'uso della violenza. Si va da chi promuove la non violenza integrale, a chi invece teorizza la violenza come forza distruttrice e creatrice. Nel mezzo tante sfumature diverse, e tra queste anche la posizione di Nick e Bart. A dimostrazione che gli anarchici proprio per il rifiuto che nutrono verso qualsiasi dogmatismo, non possono essere rinchiusi in un'unica riduttiva narrazione.
L'idea di Sacco e Vanzetti era estranea alla corrente nonviolenta integrale, ma era ben più lontana da quella che intendeva la violenza come atto distruttivo terapeutico e di vendetta. La loro utopia era volta alla costruzione di una società che avrebbe eliminato ogni violenza.
Per questo, non avrebbero mai potuto commettere ciò di cui li si imputava.
La storia di Nick e Bart, tuttavia, fatta salva la contestualizzazione storica, non può essere spiegata solo come vicenda interna ai pregiudizi razziali e alle contraddizioni di classe dello Stato e della società americani, è assolutamente fuorviante tale esclusiva lettura.
Sacco e Vanzetti erano anarchici e gli anarchici sono odiati dappertutto, in tutte le epoche, e ciò che è a loro toccato sarebbe potuto benissimo accadere in un altro luogo e in un altro tempo. Vedasi a tal proposito, anche una vicenda di segno assai diverso: la rivolta di Kronstadt, e la repressione che ne seguì.
L'anarchismo, inteso come puro ideale, ha in odio qualsiasi potere, nutre amore per la libertà e per i diritti degli ultimi. Ed è proprio questo a renderlo bersaglio perfetto dei dominanti di ogni risma e delle loro greggi.
E come disse Nicola Sacco: Viva l'Anarchia!