Consigli di letturaClassici
Israel Joshua Singer, “I fratelli Ashkenazi” (1937)
«Terribili notizie, amici miei,
che disgrazia sugli ebrei.
Maggio è appena iniziato,
guardate che cosa c’è capitato.
Sono venuti con le torce, i bastoni e i coltelli,
hanno bruciato le case e fatto sfracelli,
hanno incendiato e ucciso senza pietà,
hanno lasciato in rovina mezza città.
Oh Dio, padre nostro, che sei nei cieli sopra di noi,
guardaci, proteggici, ora e poi.
Stendi sulle nostre teste la Tua potente mano,
riportaci in Terrasanta, il nostro regno lontano.»
«Sei solo un ragazzo, un tempo anch’io la vedevo come te, pensavo quello che pensi tu oggi. Ma l’esperienza mi fu maestra di vita. A Łódź arrivarono i primi stabilimenti a vapore, i telai a mano persero mercato, e la gente se la prese con gli ebrei. Gli studenti uccisero lo zar, e la gente se la prese con gli ebrei. Oggi, al primo sciopero, gli operai se la prendono con gli ebrei. Prima o poi pure i rivoluzionari se la prenderanno con gli ebrei…».
«Però, da’ ascolto alle mie parole. Tutta questa storia di operai e rivoluzioni… C’è stato un tempo in cui anch’io me la prendevo, ci credevo sul serio. Volevo fare la mia parte, aiutare a costruire il nuovo mondo, un posto più bello anche per i gentili… Quando ho visto il primo pogrom ho capito… Lascia perdere, non esisterà mai un tempo senza pogrom».
«Il socialismo però eliminerà le classi».
«Questi sono solo sogni, parole vuote, giovane amico mio. Esisteranno sempre due classi reciprocamente ostili: da una parte i lavoratori, dall’altra gli intellettuali improduttivi. I lavoratori sono solo la fanteria dell’esercito degli intellettuali, che portano avanti la loro guerra privata per la conquista del potere. È successo esattamente questo nella rivoluzione francese. Ci fu una lotta tra Danton e Robespierre per arrivare al potere, ma il sangue che venne versato per risolvere la contesa apparteneva al popolo. Lo stesso accade oggi in Russia…»
«Gli ebrei, solo loro, rimasero dov’erano, nei pressi delle loro case, delle sinagoghe, dei vecchi cimiteri. Ovunque, nelle loro città e nei villaggi, tutte le pareti erano tappezzate da cartelli e manifesti che parlavano della tempesta che stava per abbattersi su di loro. I ragazzini in età scolare, primi studenti dello Stato polacco recentemente liberato, si affannavano con i loro gessetti per scrivere sui muri slogan offensivi e minacciosi. «La Polonia appartiene ai polacchi. Fuori gli ebrei. Devono andare in Palestina, e se non ci andranno, sanno già che cosa gli capiterà». Il rumore dei vetri rotti dai sassi lanciati contro le abitazioni ebraiche iniziò a sovrastare la musica militare che accompagnava le masse in corteo.
Le sofferenze peggiori erano capitate agli ebrei della Galizia orientale, nei pressi di Leopoli. I cosacchi, ai tempi dell’avanzata russa, avevano messo a ferro e fuoco città e villaggi; molti ebrei erano stati costretti a scappare, altri erano stati portati in Siberia. Una terribile carestia aveva seguito le orme dei soldati invasori, e poi la peste aveva seguito la carestia. Le decine di migliaia di soldati ebrei che erano stati presi in seno alla popolazione galiziana per andare a irrobustire i ranghi dell’esercito austriaco facevano adesso ritorno in una terra piagata da povertà e devastazione.»
Finora non ho mai lavorato ad una recensione di un romanzo così intensamente come in questo particolare caso, tanta era la materia a disposizione e tanto lungo era il filo della narrazione da dipanare.
Sarebbe necessario liberarsi da stolti pregiudizi, appresi “all'università dei social”, o su passati e presenti pamphlet antigiudaici e antisemiti, se si vuole affrontare la lettura di questo straordinario libro.
Perché “I fratelli Ashkenazi” non è solo un romanzo storico, ma è un’opera dalla quale apprendere la storia di un’epoca, di un popolo e di un pezzo d’Europa. Uno dei migliori romanzi del novecento. E come si può chiaramente evincere anche dal titolo, questa è a tutti gli effetti una saga familiare.
Il titolo del romanzo è metaforico, ideato dallo scrittore per rappresentare un pezzo fondamentale del percorso dell’ebraismo ashkenazita.
Attraverso le vicende della famiglia Ashkenazi, vengono infatti ricostruiti storia e conflitti del popolo ebraico dell'Europa centro-orientale tra Polonia, Germania e Russia. È inevitabile, a questo proposito, che, durante la sua lettura, possa venire in mente, fatte le dovute differenze e proporzioni, un’altra grande saga familiare pubblicata all’inizio del XX secolo: quella de “I Buddenbrook” di Thomas Mann, di cui il fratello minore di Israel Joshua, Isaac Bashevis Singer, aveva tradotto “La montagna incantata”. Lo stesso Isaac, tra l’altro, riconobbe di essere molto debitore a Thomas Mann.
Le analogie tra le due grandi saghe sono molteplici, ma sono da rintracciare in particolar modo nella forma da grande affresco storico che le caratterizza entrambe; nel caso di Israel Joshua Singer, mediante le vicende di una famiglia ebrea, il romanzo ci conduce parallelamente nella descrizione dello sviluppo della cultura ebraica con le varie disparate tendenze, partendo dal chassidismo, e nella ricostruzione dei maggiori eventi storici, comprese la guerra russo-giapponese, la Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione Russa.
Israel Joshua Singer tornerà un po' di anni dopo alla saga familiare con “La famiglia Karnowski”, altra sua importante opera.
Ma a proposito di influenze letterarie, è abbastanza evidente anche un parallelismo tra i due fratelli Ashkenazi e Ivan e Alëša, due dei fratelli Karamazov. Personaggi paralleli, ma non sovrapponibili. Troppe le differenze tra le due coppie di fratelli, anche se una qualche affinità la si può rintracciare.
Israel Joshua Singer, col piglio del grande romanziere, ma con la fredda determinazione del cronista, ci accompagna attraverso decenni di fatti e di fenomeni sociali, nell'arco di quasi un secolo. Tutto questo visto dalle particolari condizioni e dalla prospettiva di uno scrittore ebreo polacco.
Il romanzo, nel quale non sono quasi mai nominate le date, ma che procede nel fluire continuo del tempo, si apre con la migrazione dei tessitori ebrei tedeschi della comunità chassidica ortodossa verso la Polonia nel XIX secolo. In Germania infatti, dopo le guerre Napoleoniche, la situazione economica stavano peggiorando, e con essa stava aumentando l'antisemitismo, mentre in Polonia le risorse erano ben diverse. I tessitori, quindi, vennero convinti a emigrare da inviati governativi e da condizioni tributarie vantaggiose. Questo anche perché «altrimenti nessuno avrebbe fatto i vestiti per i polacchi.»
In molti si fermarono nel villaggio di Łódź, altri continuarono verso altre città. Tuttavia, era Łódź il centro dell’attività dei tessitori, il cui potere a mano a mano cresceva, facendo crescere anche la cittadina e, contemporaneamente, espandendo la loro influenza ben oltre le sue mura.
Quel che più importava fu che, nonostante inevitabili conflitti iniziali, i tessitori portarono lavoro per tutti.
Più tardi a Łódź e in Polonia arrivarono anche gli ebrei moscoviti, che avevano lasciato il loro Paese a causa delle espulsioni e delle persecuzioni sotto lo zar Alessandro III, e poi anche gli ebrei espulsi dalla Lituania.
Quella degli ebrei dell’Europa centro-orientale è una triste storia costellata da feroci discriminazioni, dai continui pogrom, passando per le persecuzioni hitleriane e staliniane, costretti quindi a trapiantare per lo più in America e in Israele la loro civiltà, continuando il flusso migratorio già inaugurato precedentemente a causa dei pogrom russi. La fuga, le persecuzioni e lo sterminio nei lager nazisti determinarono, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un’estesa parte d’Europa quasi senza più ebrei, la cui scomparsa causò un grave impoverimento culturale e sociale del continente.
La produzione letteraria dei fratelli Singer è toccata e influenzata inevitabilmente da tali vicissitudini.
“I fratelli Ashkenazi” è un romanzo corale, anche se incentrato sulle figure dei due fratelli, due gemelli, ma, fin dalla nascita, completamente diversi. A tal proposito, assai poetici e suggestivi nel crudo realismo sono il parto e l'allattamento. «Uno è il ritratto sputato della madre, l’altro il ritratto sputato del padre». Sono i figli di Reb Abraham Hirsh Ashkenazi, chassidico osservante e studioso del Talmud.
La grandezza di questo romanzo sta soprattutto nella capacità di Singer di descrivere le differenze, le complessità e le particolarità minuziose dei singoli caratteri della galleria dei personaggi che affollano questa splendida opera. Figure, che sono simbolo di diverse concezioni delle tradizioni, della vita privata, del capitalismo e del nascente socialismo. L'autore rifugge dalle semplificazioni, dagli schematismi. Rende con estremo realismo, anche se con fantasiosa inventiva, le mille sfaccettature proprie del mondo ebraico. Possiede una visione estremamente eclettica che gli consente di assumere punti di vista diversi, anche opposti.
È un mondo affascinante e assai suggestivo, colmo di pietas e inventiva, spesso volgarmente marchiato dagli antisemiti con ignoranza, stupidità, disprezzo e fellonia attraverso l'uso di spregevoli e offensivi stereotipi.
Ma l’intento di Singer non è affatto apologetico, è il fine autore che parla, che dà voce all’anima ebraica, non per questo si risparmia in critiche, anche spietate, usando perfino un pesante sarcasmo. Ma lo fa sempre con amore ed empatia.
Crescendo, le differenze tra i due gemelli si evidenziarono sempre di più: Jacob Bunim era forte e robusto, socievole, generoso e sempre allegro; Simcha Meyer invece era debole e mingherlino, cupo e isolato, creava una barriera con le altre persone: gli amici e il resto della famiglia. Era caratterialmente molto astuto, subdolo ed egoista.
Singer punta molto su questo contrasto che gli permette di descrivere analiticamente una relazione di potere, a cui i legami familiari conferiscono un’intensa esaltazione.
“I fratelli Ashkenazi” è inoltre un romanzo su un pezzo importante della storia della Polonia, che prende il via dalla conflittuale, difficile convivenza tra polacchi, tedeschi, russi ed ebrei nella città di Łódź. Sono conflitti trasversali, tra popoli, tra generazioni e tra classi sociali, in alcuni casi anche particolarmente feroci.
Le pagine sulla rivolta operaia di Łódź e la degenerazione della stessa nel pogrom contro la popolazione ebraica, toccano vette di straordinaria, tremenda e rassegnata lucidità.
Singer descrive con tinte vivide le dinamiche di mostruoso sfruttamento degli strati più poveri della società, che prescindono dall’identità culturale, la corruzione di un universo degradato, l’ipocrisia e lo sciacallaggio, i soprusi sessuali, e lo fa con grande maestria e crudo realismo.
È, in definitiva, un romanzo su trionfo, splendori e miserie della Seconda Rivoluzione Industriale.
Lo scrittore riesce magicamente a creare una serie di episodi e storie diverse dentro il plot principale, di cui sono protagonisti ebrei e non ebrei.
Simcha Meyer, nella sua contraddittorietà, incarna lo spirito del capitalismo, l’ascesa e la decadenza della borghesia polacca dell'epoca. Intriso di un misto di spietatezza e pragmatismo, un autentico predatore, ed è colui che ha perso l’identità. Ma che, nella disperazione, la vorrà ritrovare a tutti i costi, attraverso un conflitto interiore irriducibile e commovente, nel momento in cui sembra sia giunta per lui la nemesi.
Assai significativa, in questo senso, è la rivalità tra i due fratelli, nemici in tutte le questioni personali, fatta di un disprezzo forse insanabile.
Tuttavia, il vero antagonista sociale e politico di Simcha Meyer, non è il fratello, ma Nissan Eibeshutz, ebreo che ha rinunciato ai suoi privilegi per schierarsi dalla parte degli sfruttati, uno dei leader socialisti di Łódź. Caparbio e volitivo allo stesso modo di Ashkenazi, ne rappresenta però il lato opposto, ingenuo e generoso, impregnato di ideologismo, così come il capitalista è colmo di delirio di onnipotenza.
In definitiva, sono entrambi preda di un esaltato furore quasi messianico. Quello che va compiendosi è il loro destino parallelo. Entrambi saranno testimoni privilegiati a Pietrogrado della Rivoluzione Russa, ma dai lati opposti della “barricata”.
Ciononostante, il personaggio verso cui mostra più empatia Singer è Dinah, l’infelice moglie di Simcha Meyer, vittima delle convenzioni familiari, costretta a un matrimonio senza amore con un uomo egoico, prigioniera del suo ruolo, alla quale però lo scrittore non risparmia un insopportabile conflitto interiore per la sua volontaria sottomissione.
Assai memorabili sono le pagine di taglio dostoevskijano del dialogo tra il subdolo e astuto colonnello nichilista della gendarmeria, ex rivoluzionario, e un prigioniero politico, per mezzo del quale Singer dimostra tutta la sua arte di sapersi immedesimare in punti di vista diversi, persino opposti.
Così come lo sono le pagine della deportazione e dell’emigrazione verso la Russia, durante l’invasione tedesca alla fine della Grande Guerra, quando gli ebrei polacchi vennero chiusi in una morsa tra i due paesi nemici, con Łódź degradata in una crisi tremenda. Ebrei nel ruolo di vittime sacrificali di un conflitto che non li riguardava.
Da manuale le pagine sulla fine della Prima Guerra Mondiale, in un mondo completamente impazzito, in disgregazione, nel quale imperversarono i nascenti nazionalismi, con gli ebrei, senza una patria a cui fare ritorno, insultati, perseguitati e offesi, patirono di nuovo le discriminazioni, in modo ancora più feroce. Stretti, soprattutto tra ucraini e polacchi che si contendevano la Galizia.
Singer con maestria racconta tutto con toni apocalittici. Terribili e di un’attualità sconvolgente sono le pagine del pogrom di Leopoli del 1918 da parte dei polacchi.
“I fratelli Ashkenazi”, è insomma una miscela di romanzo borghese e parabola chassidica, così come avviene anche nelle opere del fratello Isaac Bashevis e in quelle di Franz Kafka, raggiungendo tutti e tre un superbo livello qualitativo.
Israel Singer punta molto sulla critica della dispersione dell’identità giudaica che corrisponde all’inevitabile caduta. In questo, la parabola di Simcha Meyer si specchia molto anche in quella del Faust di Goethe.
Alla fine arriverà una tragica, commovente, ma vana ricomposizione, con il tempo del sacrificio e del pentimento.
La letteratura yiddish, massima espressione di questa cultura, avrà proprio in America la possibilità di esprimersi più compiutamente, diffondendosi nelle comunità ebraiche americane e divenendone anche il mezzo con cui identificarsi. I fratelli Singer: Israel e Isaac (premio Nobel), saranno i rappresentanti più autorevoli e famosi.
Pur se scritto negli anni trenta del secolo scorso, il capolavoro di Israel Joshua Singer è in buona parte assimilabile anche al grande romanzo ottocentesco, sia per struttura, sia per spirito, che per buona parte della contestualizzazione storica.