giovedì 18 aprile 2024

Marjane Satrapi "Persepolis" (2000)

 


Classici


Marjane Satrapi

"Persepolis" (2000)


«Precisiamo che se le donne erano costrette, pena il carcere, a velarsi, la cravatta (simbolo d'occidente) era formalmente vietata agli uomini, e che se i capelli delle donne eccitavano gli uomini, per contro, le braccia nude degli uomini, eccitavano le donne: anche le camicie a maniche corte erano proibite. Una certa giustizia in fondo c'era.»


«Signorina Satrapi, leggo sul suo dossier che ha soggiornato in Austria... portava il velo laggiù?»

«No, ho sempre pensato che se i capelli della donna causassero davvero tanti guai, Dio ci avrebbe senz'altro fatto calve.»


«Il regime aveva capito che una persona che usciva di casa domandandosi: "Avrò i pantaloni abbastanza lunghi? Sarà a posto il foulard? Si noterà che sono un po' truccata? Mi frusteranno?" Non si chiedeva più: "Dov'è andata a finire la mia libertà di pensiero? Potrò mai esprimermi liberamente? Vale la pena continuare a vivere? Cosa fanno ai prigionieri politici?".

E' naturale quando si ha paura, si perde la nozione dell'analisi e della riflessione. La paura paralizza. Del resto il terrore è sempre stato il motore di tutte le dittature. Truccarsi o andare in giro con un ciuffo di fuori divennero ovviamente forme di ribellione.»


«Andavo a poco a poco acquisendo coscienza del contrasto esistente tra l’ufficialità del mio paese e la vita reale della gente, quella che si svolgeva dentro le mura di casa. La nostra condotta pubblica e la nostra condotta privata erano agli antipodi. Questa disparità ci rendeva schizofreniche. Per trovare un equilibrio, facevamo una festa ogni sera. Ma neanche a casa ci lasciavano tranquilli. Ci schiaffavano tutti in gattabuia. Naturalmente, la prima volta, avemmo molta paura. Ma col tempo, finimmo col farci l’abitudine… I genitori pagavano e loro ci lasciavano andare. Fino alla volta successiva. Per fare le feste bisognava avere i mezzi.»


L'opera originaria da cui è stato tratto il fortunato film di animazione, che tanto successo ebbe diversi anni fa, è una delle novelle più originali degli ultimi decenni, e riscosse altrettanto, se non maggior successo. Una graphic novel che sarebbe bene leggere, soprattutto per il pregevole valore storico documentale sull’Iran. Un pezzo di storia lungo quindici anni che non sempre è stato raccontato in modo adeguato, per questioni di opportunità e “correttezza” politica. Tuttavia, all'epoca divenne rapidamente un caso letterario a livello internazionale.


Oggi, con la situazione internazionale ancora più grave e più instabile, e con una memoria collettiva ridotta ai minimi termini, la sua lettura può offrire un’ulteriore opportunità per comprendere che fine abbiamo fatto. Viviamo nell’epoca del double standard e non tutte le lotte per l'emancipazione delle donne godono della stessa attenzione, a cominciare proprio dagli stessi movimenti femministi.

Un libro abbastanza dimenticato in cui viene rappresentata una storia a sua volta in buona parte dimenticata e rimossa.

A settembre dell’anno scorso, Marjane Satrapi ha curato un altro libro a fumetti dal titolo “Donna, vita, libertà”, uscito a un anno esatto dalla morte di Masha Amini.


"Persepolis" è un fumetto semplice, quasi naif, dalle linee grafiche essenziali, giocato tutto sulle alternanze di bianco e nero. Questo a simboleggiare un universo senza colori, che vive di forti contrasti, visto che è spesso ridotto ad una vuota semplificazione totalitaria. Ma la personalità indomita e viva di Marjane ha la capacità di colorare con l'immaginazione quei vuoti esistenziali, e allora in quei momenti dimentichiamo di avere di fronte quasi solo due colori e veniamo catapultati nel mondo delle sensazioni, delle emozioni, delle speranze e dei sentimenti assai vivaci e colorati della giovane protagonista.


"Persepolis" è anche un romanzo di formazione. L'autobiografia, infatti, parte da Marjane bambina di dieci anni.

Un'opera che attraversa le sofferenze di un paese e più o meno indirettamente i conflitti di un'area geografica e culturale, spazzando via luoghi comuni e disegnando invece contraddizioni e aspirazioni, che solo una protagonista di quegli eventi può aver vissuto ed è legittimata a raccontare fino in fondo.


“Persepolis” narra di macerie fisiche e morali. Di un lutto di un intero popolo che oramai dura da quarantacinque anni. Della dissipazione di una delle culture, quella persiana, tra le più vive non solo dell’area mediorentale, ma di tutta l’Asia.

Tuttavia, umorismo, autoironia e sarcasmo non mancano e l’intenzione della Satrapi è anche quella di trasmettere leggerezza e di tenere viva la speranza.


Un popolo, che ciononostante, non si è mai rassegnato, e che lotta contro l’oppressore interno, sono soprattutto donne, ma anche uomini al loro fianco. Un oppressore che spaccia menzogne per verità, cercando di far credere che lo faccia in nome della liberazione umana dal male. Lo stesso imbroglio di qualsiasi altro potere fondamentalista, che è un'offesa stessa all’intero Islam. Dovremmo ammirare tutti l’esempio degli iraniani in lotta, che rappresentano il vero, autentico Iran, una battaglia contro il fanatismo.


Questo però è anche il diario personale di una bambina, poi adolescente e, infine, donna. Quindi, il punto di vista cambia e cambia gradatamente anche lo sguardo stesso. Leggere "Persepolis" è un po' come crescere insieme alla Satrapi e attraversare con lei drammi epocali e personali. La genialità dell'autrice sta proprio in questo suo raccontarsi, che dolcemente, ma anche con energia, passa dal tragico all'ironico senza mai snaturare il senso e la coerenza della narrazione.


Un libro splendido, forte, generoso, divertente e drammatico, che passa in rassegna fatti e personaggi storici partendo dal 1979, anno in cui l'Iran era sotto il dominio di Reza Pahlavi, lo Shah di Persia, contestato da un movimento di rivolta popolare. Khomeini ebbe l’intelligenza di inserirsi nelle contraddizioni del movimento di riforma, e mediante un vero e proprio colpo di stato, chiamato “rivoluzione” instaurò il regime basato sul fondamentalismo islamico, che ancora regna in Iran.

 

Marjane vide morire persone care: amici e parenti, sotto entrambi i regimi, e crebbe nell'atmosfera oppressiva e repressiva del totalitarismo religioso, con un crescendo di intolleranza e violenza. Il nuovo regime occupò tutti gli spazi pubblici e si intromise in ogni aspetto della vita privata, sconvolgendo l’esistenza di una nazione che si stava emancipando. 


È un regime dispotico di intolleranza inaudita, quello che da allora vige in Iran; e quando è così, imperano anche la corruzione e i traffici di ogni genere. 

Non è difficile immaginarselo: è come un feroce lockdown permanente, controlli su tutto, con volenterosi delatori tra i cittadini, spesso negli odiosi panni delle Guardie della Rivoluzione (i cosiddetti Pasdaran, i servi armati del regime islamista). Regole morali talmente rigide da apparire grottesche.


Fino all’anno prima, la bimba frequentava una scuola francese laica, mista e bilingue, nel 1980 gli islamisti chiusero improvvisamente tutte le scuole di questo tipo, le classi furono riorganizzate, istituendo la separazione tra maschi e femmine. Alle bambine fu imposto il velo, tutto ciò seguendo il programma di quella che era definita “rivoluzione culturale”, mentre nelle piazze si tenevano manifestazioni, pro e contro tali provvedimenti, in particolare sul velo.


Marjane apparteneva a una famiglia borghese di tendenza progressista. Il nonno era stato comunista. Il padre sosteneva che il paese era sottomesso alla tirannide da 2500 anni: prima gli imperatori, poi l’invasione araba e quella mongola, e poi l’imperialismo moderno.

Quindi, fu una scelta conseguente quella della famiglia di partecipare alle rivolte contro lo Shah, anche perché il padre di Reza Pahlavi aveva portato via tutte le proprietà alla famiglia e il nonno era finito in prigione come oppositore politico.


Ma è vero anche che sotto lo Shah arrivarono molti cambiamenti in senso positivo nella vita sociale: il voto alle donne, l’accesso per le stesse alle scuole superiori e alle università, divorzio, aborto, innalzamento a diciotto anni dell’età per potersi sposare (gli ayatollah la riportarono a nove!). In sostanza la società si era di molto laicizzata. 


La sua passione dell’infanzia per Zoroastro viene a poco a poco sostituita da un comunismo libertario, ingenuo e decontestualizzato, che pieno di contraddizioni fa parte della sua pubertà e della prima giovinezza, simpatie che le derivano dal contesto familiare, quasi una specie di lieve indottrinamento sul quale la Satrapi ironizza molto, ma che vive con indulgenza e in parte con fierezza.


Il racconto ben rappresenta le illusioni di certa sinistra e delle opposizioni democratiche e liberali che all’epoca avevano creduto che fosse possibile il cambiamento sui diritti sociali e non solo su quelli civili con certi compagni di strada. Fu un errore enorme non riuscire a capirlo, un errore fatale.

Illusione che si riverberò anche su buona parte della sinistra occidentale, la quale anche oggi non pare aver imparato la lezione, che vede liberatori laddove ci sono solo aguzzini.


Marjane conobbe, inoltre, il conflitto lungo e sanguinoso con l'Iraq, complici interessati anche gli USA. Conobbe i bombardamenti costanti sul suo paese e sulla sua città, Teheran. Venne a contatto ancora con la morte di moltissime persone care. Con il regime che divenne sempre più crudele e che approfittò della guerra per sterminare gli oppositori interni. Ma tutto questo non riuscì a scalfire la sua voglia di vivere e di sperimentare con entusiasmo esperienze anche personali, nella sua vita privata.


È infatti questo l'altro punto fondamentale di "Persepolis": raccontare e descrivere la sua identità femminile, i conflitti e le discriminazioni del mondo maschile, e la consapevolezza che questi conflitti restano tali anche a prescindere dalla latitudine e dalla cultura. Tuttavia, non può esserci paragone con la feroce e continua sottomissione subita in Iran.


Racconta anche di quattro anni passati in Austria, fra i quattordici e i diciotto anni. Del suo senso di estraneità in quel paese, dei disagi, ma anche di bei ricordi, di aver assaporato un po' di autentica libertà; e della pesante momentanea perdita di identità al suo rientro in Iran.


L'ultimo motivo portante è il rapporto conflittuale con l'occidente, quell'occidente che Marjane conosce in due momenti diversi della sua esistenza, quell'occidente che alla fine accetta senza entusiasmo come esilio definitivo in Francia, come rifugio, e che la porta ad affrontare il destino di molti come lei: donne e uomini senza più una patria, se non quella ideale delle proprie origini, ma che non esiste più nella realtà e che va ricostruita innanzitutto dentro di sé. 


Questo è il destino di molti esuli iraniani, che ancora oggi, si trovano spesso isolati e senza solidarietà, abbandonati a fare i conti con un regime tremendo e con una grande nostalgia. 

Tuttavia, un’opposizione interna sta di nuovo crescendo e questa va sostenuta senza se e senza ma. Non solo a beneficio di un popolo senza diritti, ma a beneficio di un’intera area geografica che ha grande bisogno di un Iran libero, democratico e indipendente da logiche geopolitiche. Per questo l’Iran non ha nessun bisogno di un'altra guerra devastatrice e divisiva, di un salvatore esterno che poi chiederebbe puntualmente il conto, ma di grande sostegno e di solidarietà alla resistenza.


«Gli uomini, per la prima volta, sono a fianco delle donne nella lotta femminista in corso nelle piazze dell'Iran, una lotta non tra sessi, ma di un popolo intero per la parità di diritti e la democrazia, di cui il peggior nemico è la cultura patriarcale…

… Vedere ragazzi e ragazze insieme in strada a protestare mi dà speranza, anche se sono estremamente triste per tutta la violenza che stanno subendo: gli uomini uccisi nella repressione, credetemi, sono tanti quanti le donne…

… In questo sistema di potere, retto da gente vecchia e arcaica, che appartiene a un altro secolo, i giovani di oggi non vedono più un futuro, non credono neppure alla sua possibile riforma: quella iraniana è una dittatura e se si aprisse alle riforme, smetterebbe di esserlo. È ora di dire "bye bye" a questi vecchi che governano.»

Marjane Satrapi, ottobre 2022, durante le proteste per la morte di Masha Amini


«La poesia, la pittura e la storia iraniana sono piene di donne che cantano e danzano, di vino servito e celebrato di musica che risuona nell'aria. Ricordatevi di Shahrazãd, la principessa persiana delle “Mille e una notte”. Quando il regime le bandite, coltivando il culto della malinconia, le donne sono diventate figure fondamentali della lotta contro questo abominio, sostenute dagli uomini. L'incompetenza economica del regime, la sua corruzione vorace, il suo nepotismo, il ruolo sempre più importante dei Guardiani della rivoluzione islamica, il saccheggio delle casse dello Stato per finanziare le guerre per procura della regione, un tasso di inflazione e disoccupazione a due cifre per oltre quarant'anni anni hanno scatenato il furore di tutte le classi iraniane, a eccezione dei complici del saccheggio.»

Marjane Satrapi e Abbas Milani da “Donna, vita, libertà” (2023)


«Non è la prima volta che il nostro popolo resiste alla Repubblica islamica. Da oltre quattro decenni, il regime cerca di imporre la sua legge. Ma sin dall’inizio, delle donne, degli uomini, dei giovani, dei membri della diaspora hanno messo in campo tutta la loro immaginazione per contrastarlo. Questa lotta quotidiana è un processo molto lungo che alla fine sfocerà, ne sono certa, nella nascita di un Iran libero.»

Marjane Satrapi, da “Donna, Vita, Libertà” (2023)

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