lunedì 15 aprile 2024

Su conformismo, consumismo e fanatismo (una riflessione ispirata ad Amos Oz)

 


Su conformismo, consumismo e fanatismo 

(una riflessione ispirata ad Amos Oz)


Il termine conformismo, si confonde, con inquietante assonanza, con consumismo. L’uno non può fare a meno dell’altro. Esiste una fabbrica del consenso, ma anche una del dissenso, che offrono a ognuno un prodotto che si adegua a tutte le esigenze, con i suoi riti, le sue appartenenze, i suoi comandamenti, le sue scomuniche e i suoi sacerdoti, a cui conformarsi comodamente anche dal salotto di casa o dall’agriturismo alternativo, è sufficiente essere connessi alla rete. 


Per poi, per estensione, poterlo fare agire anche nella non vita di tutti i giorni nel rapporto alienato con gli altri. Ognuno con le sue verità, le sue litanie, i suoi fantasmi, le sue solitudini e i suoi fanatismi. Ognuno dedito alla propria uniformità che chiama coerenza, senza un briciolo di autonomia e di autoironia, prendendosi gravemente e tristemente sul serio. In modo da rivolgersi poi, a guru, influencer, leader di varia natura, dittatorelli, accomodandosi in attesa, in “sala d’aspetto”, del proprio turno per essere chiamati alla guerra reale o virtuale che sia.


Il fanatismo è sicuramente dentro ognuno di noi. È necessario saperlo riconoscere, perché non solo rende cose gli altri, ma a sua volta rende cose anche noi stessi. Disumanizza. Rifiutare il fanatismo non vuol dire essere neutrali, o ignavi, ma prendere parte, scegliere con umanità, non “appartenere” a qualcosa, ma riconoscere nell'altro noi stessi, provare empatia per gli altri oscurati dai fanatici, per contribuire a liberarli e a liberarci dalla disumanizzazione. In modo tale anche da poter liberare tutti noi dalla regressione da “asilo globale”.


Diceva Amos Oz nel suo breve, ma intenso saggio del 2004 “Contro il fanatismo”:

«…Non mi riferisco soltanto a questi fenomeni eclatanti, quelli che vediamo da noi attraverso la televisione, laddove folle isteriche agitano i pugni contro le telecamere e urlano slogan in lingue a noi ignote. No, perché il fanatismo è praticamente dappertutto, e nelle sue forme più silenziose e civili è presente tutto intorno a noi, e fors’anche dentro di noi…


…Conformismo e uniformità, il bisogno di appartenere e il desiderio che tutti gli altri appartengano sono tra le forme più diffuse, benché non pericolose, di fanatismo. Chi non ricorda la scena dello splendido film dei Monty Python, Brian di Nazareth, quando Brian dice all’immensa folla di aspiranti discepoli: “Siete tutti individui!” e la folla grida di rimando: “Siamo tutti individui!” eccetto uno che con un filo di voce dice timidamente: “Io no”, ma gli altri lo tacitano rabbiosamente. 


In verità, dopo aver detto che il conformismo e l’uniformità sono forme lievi ma diffuse di fanatismo, debbo aggiungere che spessissimo il culto della personalità, l’idealizzazione di capi politici e religiosi, la venerazione di individui particolarmente brillanti, lo sono non di meno. E il XX secolo è stato generoso per quanto riguarda entrambe le forme. I regimi totalitari, le ideologie mortifere, lo sciovinismo aggressivo, le forme violente di fondamentalismo religioso per un verso, e l’idolatria universale per Madonna o Maradona dall’altro. L’aspetto probabilmente peggiore della globalizzazione è questa regressione infantile del genere umano: “L’asilo globale”, ridondante di ninnoli e balocchi, dolcetti e leccalecca.»

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