sabato 29 giugno 2024

“Cabaret” (1972) - regia di Bob Fosse

 


Cinema - Cult Movie 


“Cabaret” (1972)


regia di Bob Fosse

con Liza Minnelli, Michael York, Helmut Griem, Joel Grey, Marisa Berenson, Fritz Wepper.


«Willkommen! Bienvenue! Benvenuto! / Fremder, Etranger, Straniero /Glücklich zu sehen / Je suis enchanté / Felice di vederti / Bleibe, reste, resta / Willkommen! Bienvenue! Benvenuto! / Im Cabaret, Au Cabaret, Al Cabaret! / Meine Damen und Herren / Mes dames et Messieurs/ Signore e Signori / Comment ça va? / Ich bin euer Conférencier! / Io sono il padrone di casa! / Und sage

Willkommen! Bienvenue! Benvenuti!/ Lasciate fuori i vostri problemi / Quindi la vita è deludente, lasciate perdere! / Qui la vita è bella / Le ragazze sono belle/ Anche l'orchestra è bella»


«Avevo questa amica di nome Elsie / Con cui ho condiviso quattro sordide stanze a Chelsea / Non era quello che chiameresti un fiore che arrossisce / In effetti, affittava a ore / Il giorno in cui è morta i vicini sono venuti a ridere

«Beh, questo è ciò che viene da troppe pillole e liquori»

Ma quando l'ho vista distesa come una regina / Era il cadavere più felice che avessi mai visto / Penso ad Elsie ogni giorno / Ricordo come si rivolgeva a me e diceva

«A che serve stare seduto tutto solo nella tua stanza?

Vieni a sentire la musica suonare / La vita è un cabaret, vecchio amico / Vieni al cabaret»

E quanto a me

E quanto a me

Ho preso la mia decisione, a Chelsea / Quando vado, vado come Elsie / Inizia ad ammettere che dalla culla alla tomba / Non è così lungo un soggiorno / La vita è un cabaret, vecchio amico / È solo un cabaret, vecchio amico / E adoro un cabaret»


«Forse questa volta sarò fortunata

Forse questa volta rimarrà

Forse questa volta, per la prima volta

L'amore non scapperà via

Mi stringerà forte

Finalmente sarò a casa

Non una perdente

Non più, come l'ultima volta

E la volta prima.»


«I buoni amici sono molto più rari degli amanti. Perciò il sesso manda sempre all'aria anche le migliori amicizie.»


«Io sono egocentrica, capricciosa e... qual è il terzo difetto? Ah sì, mi cullo nell'illusione infantile che un giorno diventerò una ricca e celebre attrice. Ma ci pensi? Una misera casetta a Cambridge, con il passeggino nella camera da letto, con i pannolini stesi nel bagno... Ma quanto tempo sarebbe passato prima che cominciassimo a odiarci a vicenda?»


Berlino, 1931. La Repubblica di Weimar è agli sgoccioli e si allunga inesorabile sulla Germania l’ombra del nazismo.

Il locale di cabaret Kit-Kat, frequentato da intellettuali, omosessuali e artisti, è come un'isola fuori dal tempo, una via di fuga trasgressiva e tragica dove trovare rifugio, mentre la “bestia” avanza.

Il film è tratto dalla piece teatrale di John van Druten “I am a Camera” ed è ispirato al romanzo “Addio a Berlino” di Christopher Isherwood. 


“Cabaret” è uno dei musical più importanti della storia del Cinema, un film entrato meritatamente nella leggenda e altrettanto meritatamente premiato con ben otto Oscar, ma non solo. Qualcuno dice eccessivamente premiato, non sono affatto d’accordo. La singolarità del capolavoro di Fosse sta tutta nella sua estrema originalità, nella sua lieve e sublime semplicità che rinnova un intero genere. 


Qualcosa di assolutamente inedito, che non si era mai visto prima nelle sale cinematografiche, i cui ingredienti vengono tenuti insieme in magico equilibrio. 

Un'opera che contribuisce a segnare una nuova strada per i musical, uscendo dai canoni rassicuranti, che fino allora dominavano incontrastati e spianando la strada ai musical ribelli e trasgressivi che seguiranno in quel decennio.


E qui inserisco una digressione personale: Liza Minnelli sostituì, per analogia probabilmente, nel mio immaginario da ragazzo, il posto occupato nell’infanzia dalla Mary Poppins di Julie Andrews. Una di quelle strane fantasie, che rispondono a dinamiche quasi inspiegabili tra infanzia e adolescenza, tra sogno e desiderio, che si manifestano nei primi anni di vita e sono destinate a restare incollate nella memoria, riempiendola di suggestioni più o meno rispondenti allo svolgersi effettivo degli eventi, che finiscono per assumere un ruolo significativo nella formazione psicologica degli individui. Una fatina buona che ne sostituisce un’altra, ma di diversa natura.


Ma torniamo al film. Mentre fuori si respira aria di catastrofe imminente, i protagonisti vivono come in una bolla, e contemporaneamente si muovono all’interno di una messa in scena simbolica, il cui spettacolo non è rappresentato solo sul palco. Bensì nell’intero locale, camere comprese. L’atmosfera di decadenza si allarga comprendendo le vite di chi lavora nel Kit-Kat e quelle dei protagonisti, coinvolti in un menage a trois; e poi ancora oltre, la società intera, che è sempre più difficile tenere a distanza.


Il Kit-Kat è come una tana, un non luogo, dove rifugiarsi per evadere dal resto del mondo e vivere un’esistenza a parte. Il senso di estraniamento è molto accentuato, così come il desiderio di protezione. Eppure, lo sfondo è chiaro e l’irruzione che nella vita dei tre personaggi principali è inevitabile, la catastrofe incombe e ad un certo punto diventa incontenibile.


Ed è proprio la quasi totale indifferenza dei tre maggiori protagonisti nei confronti degli eventi di attualità una delle cose colpisce di più, ma non sfugge a Bob Fosse, che parallelamente pone attenzione a quei segnali che non potevano e non dovevano essere ignorati anche nella semplice quotidianità. Anzi, accentua volutamente il contrasto, senza forzare la mano agli accadimenti, lasciandoli inizialmente sullo sfondo, per poi farne percepire la progressione, fin quando i due mondi si sovrapporranno, sfumando l'uno nell’altro e il primo verrà obliterato.


Gli occhioni incantevoli di Liza Minnelli riempiono lo schermo, così come le sue movenze feline sul palco. La sua voce arriva direttamente dalla profondità di un’anima inquieta e malinconica, ma anche di estrema vitalità, quasi fanciullesca. È impossibile non lasciarsi incantare dall’attrice. “Cabaret” è Liza Minnelli. Ma è anche il suo partner d’arte, l’ambiguo e malizioso “maestro di cerimonie", interpretato da un sorprendente Joel Grey, che spesso le ruba la scena, destinato a restare impresso nell’immaginario degli spettatori con la stessa intensità della Minnelli.


Sono molto bravi anche gli altri protagonisti: un malinconico Michael York e un magnetico Helmut Griem, che compongono il triangolo con la Minnelli. E la coppia ebrea formata da una bellissima Marisa Berenson e un tormentato Fritz Wepper.

Bob Fosse, in stato di grazia, firma con estrema naturalezza una regia strepitosa, con richiami a Kurt Weill e Bertolt Brecht, ma anche a tutto il cinema tedesco di Weimar, e all’arte figurativa dell’epoca, compresi i manifesti politici sulle strade di una Berlino, ormai esausta, preda delle violenze naziste, di cui erano vittime soprattutto gli ebrei.


I siparietti musicali sul palco, con una scenografia minimale, ma al tempo stesso eccessiva, si alternano alle vicende del film, facendo da contrappunto spesso ironico, a volte tragicomico, come nella sequenza del pestaggio nazista.

I costumi, la scenografia e il trucco sono tra le cose migliori del film.


Un pugno di canzoni compongono la colonna sonora e fanno da sfondo a delle performance memorabili: non solo la finale classicissima “Life Is a Cabaret", eseguita dalla Minnelli, ma anche “Money, Money”, la divertentissima “Two Ladies”, “Mein Herr”, con una sensualissima Liza, la romantica “Maybe This Time” e soprattutto la fantastica iniziale “Wilkommen”, con Joel Grey, accompagnato dalle ballerine e dall’orchestrina tutta al femminile, che pare tratta direttamente dal repertorio di Weill e Brecht.


È inquietante, ma di grande effetto, la sequenza dell’inno nazionalista alla patria tedesca cantato con voce angelica da un adolescente biondo in divisa della Gioventù hitleriana, che lentamente coinvolge con ardore tutta la folla che lo sta ascoltando in un giardino pubblico, come metafora dell’aumento di consenso dei nazisti presso il popolo tedesco e della conseguente catastrofe imminente. Anche in questo caso Bob Fosse si rivolge a una performance musicale.

Nessun commento:

Posta un commento

Ogni commento, prima di essere pubblicato, verrà sottoposto ad autorizzazione. Grazie

“Amleto” (1948) - regia di Laurence Olivier

  Cinema - Cult Movie  “Amleto” (1948) regia di Laurence Olivier con Laurence Olivier, Jean Simmons, Eileen Herlie, Basil Sydney, Peter Cush...