martedì 25 giugno 2024

“Il gabinetto del dottor Caligari” (1920) - regia di Robert Wiene

 


Cinema - Cult Movie 


“Il gabinetto del dottor Caligari” (1920)


regia di Robert Wiene

con Werner Krauss, Conrad Veidt, Friedrich Fehér, Lil Dagover, Hans Heinrich von Twardowski


«Dopo il successo di “Caligari” si moltiplicano i tentativi, anche delle piccole case di produzione, di muoversi nella stessa direzione e molte valutazioni retrospettive che, riferendosi a quegli anni parlano di una “psicosi da Caligari” confermano l’ampiezza del fenomeno. Le stesse procedure dell’organizzazione della visione del pubblico si adeguano alla nuova situazione. Si aprono sale cinematografiche”espressioniste” o si ristrutturano in base ai medesimi criteri locali già esistenti. Vengono rivoluzionare, inoltre, le strategie promozionali. Per mesi la grafica delle pubblicità cinematografiche adotta le firme dell’espressionismo - anche quando i film nulla hanno a che vedere con la nuova tendenza.»

Leonardo Quaresima, in “Cinema tedesco: gli anni di Weimar”, da “La storia del Cinema mondiale” di Einaudi 


«Fai un passo avanti. Ora lo si vede per la prima volta: Cesare, il miracoloso, di ventitré anni, da ventitré anni dorme – notte e giorno – senza sosta. Davanti ai vostri occhi Cesare si risveglierà dalla sua rigidità mortale. Fai un passo avanti. Fai un passo avanti.»


«Cesare! Mi senti? Sono io che ti chiamo: io, Caligari, il tuo maestro. Risvegliati per un breve periodo dalla tua notte oscura.

Signore e signori, Cesare ora risponderà a qualsiasi domanda voi vogliate fargli. Cesare conosce ogni segreto. Cesare conosce il passato e può vedere nel futuro. Venite e mettetelo alla prova voi stessi.»


«Ovunque ci sono spiriti... Sono tutti intorno a noi... Mi hanno scacciato dal focolare e dalla casa, da mia moglie e dai miei figli.»


Questo è il film manifesto dell'espressionismo tedesco, probabilmente anche il suo più riuscito. “Il gabinetto del dottor Caligari” è anche l’opera più famosa del regista Robert Wiene e dello sceneggiatore Carl Mayer, due delle personalità di punta del Cinema di quel periodo. Mayer collaborò anche con Murnau. È però corretto aggiungere che la sceneggiatura Mayer la scrisse a quattro mani con lo scrittore boemo Hans Janiwitz. 


Wiene sostituì Fritz Lang, impegnato nelle riprese di un altro film e mise, quindi, la firma a una delle opere più importanti della storia della cinematografia mondiale, che influenzò moltissimo la produzione successiva, basti pensare a molti famosi thriller e a molti film horror. E, quel che è più sorprendente, non ha smesso di farlo ancora oggi.


Nello stesso anno uscì un altro classico dell'espressionismo tedesco: “Der Golem”, diretto da Paul Wegener e Carl Boese, ispirato alla leggenda ebraica del mostro d'argilla, ma ispirato anche al romanzo capolavoro di Gustav Meyrink. Ne parlerò in futuro.


Nell'analizzare “Caligari” non si sa mai da dove iniziare, tanto è colmo di significati, di contenuti e di simbologia. La cosa che però salta subito evidente è la scenografia. La scelta a favore di un contesto assolutamente non realistico è determinante. Lo sfondo disegnato e sghembo, le strutture di cartapesta e di legno creano un effetto allucinato da incubo che condiziona tutta l’atmosfera.


Le forme e le linee oblique riassumono in un unicum il senso estetico di quegli anni, allestimenti molto frequenti allora nelle scenografie dei cabaret e dei teatri e grafica che accompagnava la pubblicità. Così le scritte delle didascalie, che riportano descrizioni e dialoghi, riprendono lo stesso stile, oppure che lampeggiano sovrapponendosi verso la fine del film, il tutto qui però ambisce a produrre un’atmosfera cupa, ossessiva e malata. 


È il trionfo dell’avanguardia visiva, che si sostanzia in una nuova organizzazione dello spazio.

L’espressionismo è la forma d’arte che meglio si adattava all’incubo, al sogno, al genere fantastico, al gotico e all’horror, e molti registi giustamente ne approfittarono.

“Caligari” è la rappresentazione massima di un delirio paranoide. Una nera fiaba gotica. Tanto affascinante, quanto più è delirante. È una fiaba che gioca sul doppio e sul dominio. 


Il film ha una sorprendente carica anticipatoria, condizionata dal contesto storico: è stato girato immediatamente dopo la Grande Guerra e all’inizio della Repubblica di Weimar. 

L’incubo allucinatorio pervade tutta la vicenda, dall’inizio alla fine. E anche il presunto svelamento lascia in sospeso la soluzione del caso. Qual è la realtà? Esiste una realtà?

Non è solo la rappresentazione estetica che è fondamentale, quanto il fatto che questa riesca ad essere l’espressione dei sentimenti interiori.


Tuttavia, la cosa più incredibile è che ha conservato intatta, a più di un secolo di distanza, tutta la potenza evocativa della suggestione. Impressiona ancora come allora, e il merito è dell’intera equipe: regia, scenografia, sceneggiatura, fotografia, recitazione, in un assoluto stato di grazia. E a proposito della recitazione, val la pena sottolineare quanto l’interpretazione degli attori abbia avuto un ruolo importante, e quanto sia ad alto livello qualitativo, anche se era allora nella norma e non costituiva nulla di così eccezionale.


Da un punto di vista estetico e narrativo, soprattutto dopo l’eccellente opera di restauro, “Caligari” anche oggi non necessita di alcuna aggiunta, sia per quanto riguarda gli “effetti speciali”, sia per la scenografia, sia per l’interpretazione, la formula del film muto è senza alcun dubbio quella più adeguata, che ovviamente, per la regia. E ciò è assolutamente sorprendente.

È un miracolo che un film muto del 1920 non sia per niente invecchiato. 


Tuttavia, non deve essere interpretato come un episodio in sé eccezionale, faceva parte di un programma specifico di rinnovamento culturale dell’industria cinematografica, infatti non restò un fenomeno isolato. Non fece altro che inaugurare un periodo di grande fermento artistico, dando inizio a un intero genere cinematografico, che col tempo ha acquistato un valore ben oltre la definizione di genere.


Da sottolineare anche il viraggio per la colorazione della pellicola: con alternanza di rosa, seppia, azzurro e grigio, colori atti a conferire una maggiore suggestione, opportunamente diversificati a secondo del contesto narrato e finalizzato a indicare se ci si trova in un interno o in un esterno, di giorno o di notte. La magnetica colonna sonora, infine, completa il tutto. 

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