mercoledì 4 ottobre 2023

Henry James, "Il giro di vite" (1898)

 


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Henry James, "Il giro di vite" (1898)


«Il racconto ci aveva tenuti attorno al focolare col fiato sospeso, ma a parte l'ovvia osservazione ch'esso era raccapricciante, come doveva essere una strana storia narrata la vigilia di Natale in una vecchia casa, non ricordo che suscitasse alcun commento finché qualcuno disse ch'era quello il primo caso in cui s'imbatteva d'una simile esperienza toccata a un fanciullo.»


«Una volta, mentre dall’alto guardavo giù, ravvisai la presenza di una donna, seduta su uno degli ultimi gradini con le spalle rivolte verso di me, piegata in due e con la testa tra le mani, in atteggiamento di dolore. Ero là da un momento appena, quando svanì, senza guardarmi.»


«Oh, sì, possiamo star qui sedute a guardarli, e loro possono darcela a bere sin che vogliono; ma persino quando fingono d’esser perduti nelle loro fiabe, sono sprofondati nella visione dei morti che ritornano. Lui non sta affatto leggendo», dichiarai, «stanno parlando di loro... stanno parlando di orribili cose! Lo so, mi sto comportando come una pazza, ed è un miracolo che non lo sia davvero. Quello che ho visto io, vi avrebbe fatta impazzire; ma ha reso me soltanto più lucida, mi ha fatto comprendere molte altre cose.»


Adoro incondizionatamente Henry James e desidero sottolineare, prima di ogni altra cosa, che questo romanzo, ripreso in mano dopo tanti anni, mi ha lasciato sbalordito come se fosse la prima volta.

"Il giro di vite" è un piccolo meraviglioso gioiello, incastonato perfettamente nella produzione letteraria dello scrittore anglo-americano. 


Henry James è stato un ponte tra due epoche, ma nello stesso tempo anche tra America ed Europa. Prolifico autore a cavallo di due secoli. Uno scrittore indefinibile. Maestro dell'introspezione psicologica. È appartenuto però più all'ottocento, anche se l'influenza sulla letteratura del "nuovo secolo" è stata di non poco conto.

Ha lasciato una traccia indelebile in generazioni di scrittori.


"Il giro di vite", la cui trama è un meccanismo ad orologeria di una perfezione strabiliante, è una novella gotica dell'orrore, una fiaba nera, in cui si sentono chiare le influenze dei "Misteri di Udolpho" di Ann Radcliffe, di "Jane Eyre" di Charlotte Bronte e, in buona misura, di Edgar Allan Poe; e da cui è stato liberamente, molto liberamente tratto il bellissimo film "The Others". Molto liberamente, ma chi ha visto il film e legge il libro successivamente, o al contrario, chi ha letto prima il libro e poi visto il film, non può fare a meno di accorgersene, anche senza saperlo. 


La struttura del racconto è assai singolare: durante il periodo natalizio, un gruppo di persone si diletta a raccontare storie di terrore; un giorno, è la volta di un manoscritto di carattere autobiografico. L'esposizione è contraddistinta da un gioco di voci narranti diverse: la prima quella fuori campo anonima, che introduce il contesto generale; la seconda di un certo Douglas, che ha conosciuto l'autrice, che presenta e che legge il manoscritto; e la terza, iniziata la lettura, la voce narrante dominante, che da quel momento in poi, e fino alla fine, sarà quella della giovane che ha vergato il manoscritto stesso. Un particolare che, ad uno sguardo superficiale, può apparire di poco conto, ma che è un modo molto efficace per conferire alla narrazione un alone di mistero ancora più fosco.


Alla ragazza viene affidato il compito di istitutrice dallo zio di due "adorabili bambini": i fratelli Flora e Miles, da svolgere nella magione di Bly nell'Essex. Qualsiasi decisione debba essere presa, l'istitutrice dovrà adottarla in piena autonomia, dato che lo zio non vorrà mai essere coinvolto, e neppure informato di cosa accade nella casa. Dopodiché, esce di scena.


Nella grande dimora di campagna è ospite anche la governante la signora Grose, che si dimostra con la ragazza persona disponibile e affettuosa.

L'atmosfera iniziale è di lieta quiete agreste, amplificata dalla bellezza e dalla serenità in cui è avvolto il luogo.

Ma il turbamento di un'apparizione improvvisa darà inizio al graduale irrompere dell'inquietudine che da quel momento in poi crescerà sempre più, al pari di una morbosa sensazione di orrore, trasfigurando ambiente e persone.


Tuttavia, l'istitutrice cerca di imporre a se stessa un artificioso stato di serenità.

È questa una sorta di nevrosi che cattura la narratrice e che Henry James riesce a trasporre magistralmente sulle pagine di questo piccolo grande capolavoro. Una specie di frenesia orgasmica caratterizza l'agitarsi della protagonista, che a momenti le fa sfiorare la follia.


Un'agitazione parossistica è palpabile in tutto lo svolgersi della storia e rimane costante fino alla fine, con ruoli, posizioni fisiche, che si invertono e incubi che diventano palpabili.

Con un ritmo ossessivo, la narrazione procede alternando stati d'animo di esaltazione estrema a momenti di dissimulata quiete, contribuendo così all'intensificarsi del terrore. I misteri sembrano in apparenza svelarsi, ma racchiudono ulteriori enigmi.


La ragazza, nonostante il candore, l'innocenza e la fiducia che la animano, e che animano la signora Grose, mostra una resistenza caratteriale e un coraggio unici, tanto da riuscire ad affrontare la consapevolezza che gradatamente inesorabile si fa strada nella sua coscienza. Riesce a guardare negli occhi l'abisso, la disperazione e la degenerazione. 


Una girandola di visioni si susseguono davanti allo sguardo attonito della narratrice e si sovrappongono nella sua mente. Ha come la sensazione di una messa in scena a suo uso e consumo. Tutto ciò contribuisce all'aumento vertiginoso della suspense, similmente a scosse che producono brividi di orrore sempre più intensi.


Un giro di vite che è pari a una pesante pressione. La ragazza percepisce di essere circondata da un crudele sarcasmo, vittima di un gioco al massacro; messa duramente alla prova, sotto una continua e veemente sollecitazione psicologica, che le causano una mortificante sensazione di vergogna per i suoi "malevoli" pensieri e l'irrompere del senso di colpa, lasciandola preda di uno stato confusionale non indifferente.

O è solo un'allucinazione? La delirante immaginazione di una paranoica?


Il culmine della tensione arriverà nella sfida finale, tutta giocata sul filo del rasoio, in cui un gioco dialettico e intellettuale perverso domina la scena, imprigionando i personaggi in un inevitabile destino, dal quale l'abisso della liberazione scaturirà in tutto il suo definitivo orrore.


"Il giro di vite" è un audace e ambigua storia del terrore, con le classiche peculiarità dell'epoca vittoriana, evidenziandone anche l'ipocrisia. È una novella caratterizzata da più livelli di lettura e che lascia così molto all'interpretazione del lettore. Nel corso del tempo, infatti, la critica si è sbizzarrita nell'avanzare le più disparate ipotesi. Resta, però, chiaramente e senza alcun dubbio, un ingegnoso racconto sulla dissimulazione, sull'apparenza, sul plagio, sull'inganno e sull'auto inganno.

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