martedì 17 ottobre 2023

Henry James, "Nella gabbia" (In the cage) (1898)

 


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Henry James, "Nella gabbia" (In the cage) (1898)


«Questo qualcosa non era altro che lo strano ampliamento della sua esperienza, la doppia vita che, nella gabbia, finì per vivere. Col passare delle settimane, viveva sempre più in un mondo di sussurri e di occhiate furtive; si accorgeva che il suo potere divinatorio diventava più rapido e acuto. La pressione saliva, e le si spalancava dinanzi una vista prodigiosa, un panorama pieno di fatti e di cifre, inondato da un torrente di colori e accompagnato da una meravigliosa musica cosmica. Il risultato di tutto ciò fu, in quel periodo, essenzialmente un quadro del modo in cui Londra sapeva divertirsi e, insieme, una specie di commento continuo da parte di un testimone che rimaneva esclusivamente testimone, un commento fatto soprattutto di amarezza. Una spettatrice, che odorava un mazzo di fiori, ma che non poteva mai coglierne neanche una margherita. Un’unica cosa per lei rimaneva sempre nuova, nonostante la monotonia quotidiana: l’enorme divario, la differenza, il contrasto tra le classi, ogni istante della giornata, in ogni gesto.»


«Ma se niente era più improbabile di quell’evento, niente superava l’intensità con cui si presentava ai suoi occhi. D’altra parte (per introdurre considerazioni di ordine morale), cosa non può succedere nella coscienza di una giovane dall’animo ardente se, dopo essere stata a lungo repressa, all’improvviso esplode? Tutta l’innata distinzione della nostra giovane amica, la sua natura raffinata, le sue origini, il suo orgoglio, si rifugiavano in questo piccolo punto palpitante: infatti, proprio nei momenti in cui più si rendeva conto di quanto abietta fosse la sua vanità, e patetici i suoi piccoli nervosismi o i suoi piccoli intrighi, le splendeva davanti più certa, seppur a stento visibile, la luce del conforto e del riscatto. Sì, gli piaceva!»


«Improvvisamente, rimanere dentro la gabbia era diventato, per lei, la salvezza. Aveva paura, aveva un vero terrore dell’altra se stessa che forse stava lì fuori ad aspettare. Ma forse era lui che stava fuori ad aspettare; era lui l’altra se stessa, era di lui che aveva paura.»


"Nella gabbia", anche se è forse poco noto, è uno dei meravigliosi e perfetti romanzi brevi di Henry James, denso ad ogni pagina di molteplici significati e dal vago sapore dickensiano. L'introspezione psicologica è ai massimi livelli qualitativi. Lo scrittore dimostra ancora una volta di saper guardare nell'animo femminile con grande precisione, e nella prigione che riusciamo a costruirci da soli, catturati da un'illusione.


Una giovane anonima telegrafista dell'ufficio postale "Cocker", in un altolocato quartiere londinese, lavora dietro una grata, separata solo da una sottile barriera da un negozio di drogheria. Tutto qui, per buona parte del tempo, il suo universo. Persone che vanno e vengono, sulle quali la sua immaginazione lavora continuamente, e solo due altri colleghi. Le sue sono riflessioni che spaziano dalla sua condizione a quella di chi interagisce per breve tempo con lei, ma in continuazione, in una sorta di ripetizione senza posa, dietro uno "schermo" attraverso il quale osserva il mondo o immagina di osservarlo.


È chiusa in sostanza in quella che appare come una gabbia di cui non può fare a meno, anche quando il signor Murge, un droghiere che vuole sposarla, non le prospetta di trasferirsi a lavorare vicino al suo nuovo posto di lavoro.

Quando però, una signora molto elegante, che invia un mazzetto di telegrammi, le offre l'occasione per poter far correre ancor più la fantasia, sembra che il suo universo si restringa di più, escludendo buona parte del resto del mondo.

La signora, infatti, le "propizia" casualmente l'incontro "fatale" con un uomo, il capitano Everard, che le offre l'occasione di fantasticare senza freni.


L'uomo, che pare neanche accorgersi di lei, comincia a frequentare assiduamente l'ufficio più volte al giorno e sempre con una scorta di telegrammi da trasmettere, molto spesso firmati con nomi diversi, stimolando sempre più l'immaginazione della ragazza. Ogni altro cliente, quando lui appare, sembra sparire, diventa automaticamente insignificante, mentre lei può assaporare un po' di felicità, una proiezione della felicità, come in un "romanzo da mezzo penny".


Nel frattempo, una convinzione va consolidandosi dentro di lei, nonostante e a causa del potente fascino generato da quest'uomo: l'enorme differenza di classe tra le persone altolocate e quelli come lei, cosa che rende impossibile ogni contatto, ma di cui sente la profonda ingiustizia. La giovane telegrafista matura, altresì, una particolare filosofia personale sulle donne e sugli uomini che frequentano il suo ufficio, classificandoli in base alle sue singolari teorie e ai suoi pregiudizi.


L'impiegata vive in una sorta di ambivalente proiezione, sospesa tra l'ammirazione e il disprezzo. Disprezzo, che indirizza soprattutto su una certa tipologia di donne, che a suo modo di vedere, non sanno approfittare della loro fortunata condizione, dissipandola con comportamenti insensati.

Ritiene che la gabbia sia come un osservatorio privilegiato da cui poter assistere alle "miserie" del mondo e che lei ne riesca a fare un uso appropriato.


L'universo della signora Jordan, fioraia, le appare qualcosa di meraviglioso per il solo fatto che lei frequenta le case dei ricchi, un'occasione di elevarsi di rango. Non importa che sia solo un'illusione dettata da frustrazione indotta da una società profondamente classista: nella gabbia ci si ciba di illusioni e la fidanzata del signor Mudge ne è costantemente affamata. Tanto da riuscire a manipolare anche il fidanzato e convincerlo che c'è per entrambi convenienza, se lei resta a lavorare da Cocker.


Proprio per questo, il suo mondo resta la gabbia, anche quando se ne trova fuori, il suo pensiero dominante resta lì, al suo presidio dal quale osservare e vivere la vita di persone fuori dalla sua portata, irraggiungibili, ma, allo stesso tempo così vicine, talmente tanto da poter sbirciare tra i loro segreti più intimi quando legge i telegrammi, piccoli fogli di carta che le svelano un mondo intero, attraverso il quale far viaggiare la sua fantasia, sorda a qualsiasi richiamo che possa donarle definitivamente la libertà dalla gabbia.

La gabbia, è insieme la sua salvezza e la sua condanna. 


E poi, c'è pur sempre lui: il capitano Everard e il sentimento insolito che prova per lui, così diverso da quello placido e senza scosse per il signor Mudge. Eppure, di natura assolutamente diversa, carico di celestiale sublimazione.

La giovane compie un viaggio nel desiderio altrui così intangibile, ma così penetrante da provocarle un'indefinibile ebbrezza.


Ma nonostante la prudenza, le schermaglie, a poco a poco, si produce l'occasione, l'incidente inevitabile, in cui accade l'impensabile: l'incontro casuale che cambia un destino, la percezione delle cose da parte della telegrafista. Il progressivo aumento della tensione caratterizza il romanzo da qui fino alla fine, come un vortice sempre più veloce, il tutto avvolto in un'ambigua, sensuale e illusoria atmosfera di complicità.

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