lunedì 3 giugno 2024

“Saturn 3” (1980). Regia di Stanley Donen

 


Cult Movie


“Saturn 3” (1980)


Regia di Stanley Donen

con Kirk Douglas, Farrah Fawcett, Harvey Keitel


La cupa ambientazione, gli effetti speciali e l’efficace scenografia hanno buona parte del merito della riuscita di questo film, che è sostanzialmente un ironico e divertito omaggio ai film di serie B sf anni cinquanta e sessanta, e quindi da non prendere troppo sul serio, nonostante l’atmosfera drammatica.

Il film è un fanta-thriller ben congegnato, caratterizzato da una discreta tensione psicologica, e con un notevole crescendo di suspense. 


Le ingenuità e la tecnica manifestamente artigianale appaiono decisamente volute. Chi lo ha liquidato come un film mediocre, credo che non ne abbia compreso il senso, che sia rimasto troppo in superficie per coglierne le intenzioni satiriche di chi lo ha realizzato. È una sorta di gustoso fumettone fantascientifico sulla tematica del transumanesimo.


Sceneggiato dal famoso scrittore inglese Martin Amis, su soggetto di John Barry, e diretto da Stanley Donen, “Saturn 3” è concepito come una tragedia a tre, più uno. Il “più uno” è l’androide Hector.

Il resto lo fanno i tre attori, soprattutto un attempato, ma assai efficace, Kirk Douglas e un tenebroso e gelido Harvey Keitel, giovane e fascinoso, nella parte di un capitano psicopatico e tossicodipendente; senza nulla togliere ovviamente alla sensuale interpretazione di un'angelica Farrah Fawcett. 


Hector però ruba la scena a tutti. L’androide rappresenta lo scatenamento della forza primordiale dell’odio allo stato puro che diventa letale in una macchina indistruttibile.

L’equilibrio creato dai due umani, Adam e Alex nella base spaziale su una delle lune di Saturno, una sorta di Eden erotico e di felicità, viene turbato dall’arrivo di un cinico capitano, che porta con sé una macchina di morte: un androide, con un mega cervello di materia organica, che si trasforma in un antesignano dei cyborg, una delle prime apparizioni di una creatura del genere nella storia del Cinema.


Sul tutto aleggia una drammatica atmosfera dark quasi decadente che ricorda un po' il film di Mario Bava “Terrore nello spazio”. Non mi sorprenderebbe affatto sapere che Donen e Amis si siano intenzionalmente ispirati alla pellicola del regista italiano. La sensazione di paura, di vero e proprio terrore, la minaccia mortale che insegue i protagonisti nei corridoi, nei tunnel claustrofobici, diventa quasi fisica, non solo si identifica col mostro di metallo e carne, ma va oltre. 


La bestia è presente in tutta la base, palpita insieme alle strutture della sua architettura, i pezzi di metallo dell’androide sono gli innesti orribili della base stessa, l’atmosfera è pregna di un pericolo distruttivo, che preclude la possibilità di ritornare al vecchio idilliaco equilibrio ambientale. Non è più solo una macchina di morte sotto il controllo umano, è qualcosa che ha il potere di assorbire la coscienza e i pensieri del suo creatore agendo autonomamente. 

L’incanto è stato rotto e l’Eden è irrimediabilmente perduto. Gli umani ne diventano improvvisamente consapevoli e il panico in quel labirinto di metallo è totale.


La trama si fonda su un misto della storia della Bella e la Bestia e di quella di Frankenstein e sulla tematica della minaccia tecnologica autodistruttiva. «È colpa di tutti noi», dice verso la fine Adam.

Sono presenti anche riferimenti al mito biblico della creazione che viene a intrecciarsi col mito omerico dell’Iliade.


Assai suggestiva la rappresentazione degli interni della stazione spaziale.

Divertenti i “ridicoli giocattoli” meccanici dell’epoca che fanno parte della scenografia.

Sequenza memorabile: la partita a scacchi tra il maggiore Adam e l'androide con scacchiera “futuribile”.


Film completo su YouTube


Nessun commento:

Posta un commento

Ogni commento, prima di essere pubblicato, verrà sottoposto ad autorizzazione. Grazie

Fëdor Dostoevskij, “Memorie del sottosuolo” (1864)

Classici Fëdor Dostoevskij, “Memorie del sottosuolo” (1864) «Sia l’autore delle memorie che le «Memorie» stesse sono, ovviamente, immaginari...