martedì 30 luglio 2024

Antisemitismo eterno, la confutazione di Jules Isaac


Antisemitismo eterno, la confutazione di Jules Isaac


Per continuare sul tema del dialogo interreligioso, oggi, presento il libro di Isaac sull'antisemitismo. Non vuole essere una vera e propria recensione, ma un pretesto per continuare il discorso già iniziato l'altro ieri con Sansal e l'Islam.

Personalmente da cristiano, anche se eretico, ritengo un dovere favorire tale dialogo, che non può essere posto in essere senza il riconoscimento delle proprie responsabilità. Sarebbe deleterio per il cristianesimo stesso.


Per questo mi riconosco pienamente nel percorso di rinnovamento intrapreso dal Concilio Vaticano II, che è stato uno dei grandi meriti di una delle personalità del XX secolo che ho amato di più: Giovanni XXIII.

Idea che oggi andrebbe riaffermata con forza considerati gli attacchi insensati di cui è fatto oggetto.


Questo post è dedicato specificatamente alla confutazione della tesi del cosiddetto antisemitismo eterno, che serve ad alleggerire la coscienza di chi ha costruito il paradigma antigiudaico prima e antisemita poi, cercando di dimostrare che è l’identità ebraica stessa a stimolare avversione, negando processi storici ben definiti.


Nel 1956, lo storico francese di origini ebraiche, Jules Isaac pubblicava un libro che sarebbe rimasto una pietra miliare negli studi sulla ricostruzione storica dell’antigiudaismo, “Genesi dell’antisemitismo”, una rigorosa indagine attraverso i millenni che parte dall'antichità per arrivare alle soglie dell’anno Mille. Questo perché il libro si occupa appunto di origini e la fine del primo millennio e.v. costituisce una sorta di spartiacque, visto che di lì a breve avranno inizio le Crociate e le implicazioni saranno più complesse.


Jules Isaac, anni dopo l’uscita del libro, si impegnò anche a collaborare alla stesura del Concilio Vaticano II, contribuendo almeno teoricamente alla fine dell'antigiudaismo della Chiesa cattolica, che tante colpe purtroppo aveva avuto nel corso dei secoli per aver gettato le basi dell’antisemitismo moderno, perché è innegabile che l’antisemitismo di tutti i tipi, anche quello anticristiano, si sia proprio potuto innestare sull’antigiudaismo di matrice cristiana.


Quindi, è vero quello che affermava il filosofo cristiano Nikolaj Berdjaev, che l’unico antisemitismo che vale la pena indagare è quello a base religiosa? Isaac precisa che non è l’unico, ma che è comunque il principale. Per antisemitismo a base religiosa non si intende solo quello cristiano, ma anche quello pagano e quello musulmano, tuttavia secondo l’autore di questo saggio, quello «cristiano supera di molto gli altri due per continuità, spirito di sistema, dannosità, ampiezza, profondità.»


Jules Isaac però non sostiene che quello cristiano sia l’essenza dell’antisemitismo, sa quanti elementi economici e sociali siano entrati in gioco e soprattutto quando quello nazista fosse ben più feroce, animato anche dal paganesimo anticristiano, ma purtroppo è evidente, anche quando si scontrano, la correlazione e la saldatura tra i due (paganesimo e cristianesimo). Non è che sia venuto dal nulla quello nazista, le persecuzioni antigiudaiche sono iscritte in duemila anni di storia come marchi infamanti affibbiati agli ebrei. Senza tenere conto che tra i nazisti c’erano anche molti cristiani.


È il dovere di storico quello che anima Jules Isaac, che era ben lungi dalle generalizzazioni, dato che aveva avuto anche il merito di fondare in Francia, tra molti rischi e pericoli, gruppi di “Amicizia giudeo-cristiana”. Era il primo a riconoscere l’ammirevole carità di molti cristiani, e che neanche i torti, con le dovute proporzioni, fossero da una parte sola. Ma lo storico va ben oltre le vicende personali e i contesti presenti e passati: per lui dovrebbe restare solo la pura e cruda indagine.


L’atteggiamento della maggioranza dei cristiani, come primo approccio, è quello di rifiutare immediatamente la responsabilità del monopolio e dell’iniziativa, promuovendo l’idea dell'universalità spaziale e temporale dell’antisemitismo. Cioè che in qualsiasi epoca e spazio l’antisemitismo abbia accompagnato gli ebrei, perché connaturato con loro. 


Quindi, ne porterebbero loro stessi la responsabilità, visto che la persecuzione l’hanno subita da tutti, in qualsiasi luogo, lungo tutto il corso della Storia, insinuando una natura intrinsecamente asociale dell’ebreo, che lo portava ad essere esclusivista e di conseguenza ad attirarsi automaticamente odio. Ciò che si propone di indagare l’autore in queste pagine è se l’eterno antisemitismo è o non è una realtà storica. Ed è per questo che la ricerca è limitata solo alla genesi e cioè fino all'anno Mille e.v..


La storia precristiana di Israele inizia all’incirca nel duemila a.e.v., più o meno la stessa durata, di quella dopo la nascita di Gesù. Ed è documentata per la prima volta dalla stele del faraone Merneptah, figlio di Ramses II. Comunque in nessuno dei documenti di quel periodo viene rilevata traccia di qualcosa che possa fare pensare ad una forma di sentimento antigiudaico.


In fin dei conti, anche le persecuzioni e l’odio degli egiziani, con un’analisi attenta delle fonti storiche e dei miti, equivalgono più propriamente all'avversione e al disprezzo per l’invasore straniero asiatico, vedi soprattutto la significativa quantità di documenti che riguardano gli hyksos, solo in questo senso si potrebbe parlare genericamente, vagamente ed erroneamente di “antisemitismo”, ma non specificatamente di antigiudaismo.


Quindi, si entra nel primo millennio a.e.v. senza che nessun “antisemitismo” venga registrato. Così eccoci arrivati all'inizio della Diaspora, tra VIII e VI secolo, e al rapporto di assimilazione e di non assimilazione.

È quindi a causa della Diaspora e dei suoi caratteri così definiti, che prima o poi, gli ebrei si sarebbero attirati l’odio degli abitanti dei territori ospitanti. Ed è da questo punto in poi che si cominciano a vedere le prime tracce di antigiudaismo nel mondo antico, senza però che ne possa essere rintracciato il luogo e la data precisa della sua nascita. Un problema di assimilazione che avrebbe potuto riguardare qualsiasi altro popolo.j


Nel corso del II secolo, con il duro conflitto tra ellenismo ed ebraismo e la rivolta dei Maccabei, e il ritorno della Giudea all'indipendenza, e la volontà di espansionismo dell’ebraismo si scorgono i primi tratti di antisemitismo, che, tuttavia, non è così intenso come ci si aspetterebbe come reazione a un espansionismo di carattere religioso. Era d'altronde prevedibile che l'odio reciproco esplodesse, considerato l'alta inedita conflittualità tra mondo greco e mondo ebraico, odio che sarebbe stato intenso in qualsiasi altro caso a tali livelli, e quindi non caratterizzato dalla specificità ebraica.


E anche nei secoli successivi, nel paganesimo, non fu elaborato mai un vero e proprio paradigma a base razziale, con l'eccezione di documenti assai rari e marginali e del pensatore pagano Apione, a cui lo storico Flavio Giuseppe dedicò il libro “Contra Apionem o De antiquitate Judaeorum o De Iudaeorum vetustate”.


Primo vero teorico dell'antisemitismo, a cui gli antisemiti successivi, anche quelli contemporanei, devono un bel po’ di stereotipi, compresa la misantropia e l'omicidio rituale.

Apione espone le sue tesi con rabbia e odio, facendo leva sulla credulità umana, sull'ignoranza e la stupidità. Ed è proprio ciò che lo rende somigliante all’antisemitismo odierno.


Quindi l'antisemitismo “eterno” nasce a ridosso dell'era cristiana ed esprime tutto il suo potenziale nel I secolo a.v., ma sarà solo l'annuncio di quello che seguirà nei secoli successivi. 

Ma già gli stereotipi iniziali furono smentiti dal grande successo del proselitismo di allora. Infatti, l'ebraismo è stato attaccato solo quando è diventato forte, quando è cresciuto e si è diffuso dappertutto. 

Basta vedere quanto si sia estesa la pratica del sabato, quanto successo abbia avuto anche tra i non ebrei, nel mondo greco, così come altre pratiche.


Passata la breve parentesi della crisi dell’antisemitismo greco, quello che effettivamente resta è il conflitto tra cristiani e giudei, sotto lo sguardo divertito dei greci stessi. L’antisemitismo pagano, era insomma solo una reazione al proselitismo ebraico, con cui entrava in competizione.


I toni degli intellettuali pagani furono comunque sempre moderati e non raggiunsero certo la virulenza di quelli cristiani del “deicidio”, con il paradigma della colpa. Su questa moderazione ebbe buon gioco anche il fatto che il maggior nemico del paganesimo fosse divenuto il cristianesimo, sta di fatto che filosofi, pensatori e letterati greci mantennero quasi sempre un giudizio equilibrato e di benevola neutralità.


Tranne per brevi periodi e in casi molto rari, non c’è stata alcuna persecuzione nei confronti degli ebrei da parte del mondo romano pagano. Le prime relazioni nel II a.e.v. furono addirittura di amicizia e di alleanza. I conflitti, anche molto sanguinosi, sì, come nel caso della resistenza giudaica e dall’estensione della Diaspora nel territorio romano, la quale ha però goduto anche di privilegi, prova ne sia la concessione di “sola religio licita” nell’Impero, oltre al culto ufficiale.


Due citazioni finali:

«Tutto sommato, sotto la dominazione romana come sotto la dominazione macedone, gli Ebrei hanno molto spesso tratto vantaggi dalla benevolenza del potere; hanno ottenuto, dovunque si siano stabiliti, concessioni di privilegi. Sono quei privilegi che hanno suscitato la gelosia dei loro concorrenti e contribuito a fomentare l’antisemitismo. Questo è stato virulento (con intermittenze) solo per meno di quattrocento anni, dal II secolo a.C. al II secolo d.C. Quando si considera l’importanza assunta dalla Diaspora, ci si può meravigliare che esso non lo sia stato più a lungo.

***

Tra l’antisemitismo pagano, così definito e delimitato, e l’antisemitismo cristiano che gli darà il cambio a partire dal IV secolo, ci sono più differenze che analogie. La differenza fondamentale è stata messa in piena luce da Marcel Simon (in V. I., p. 263): «L’antisemitismo cristiano, poiché è alimentato dalla Chiesa, riveste un carattere ufficiale, sistematico e coerente, che ha sempre fatto difetto al primo. Esso è al servizio della teologia ed è nutrito da essa... Inoltre, a differenza dell’antisemitismo pagano che rispecchia molto spesso una reazione spontanea, solo eccezionalmente governata e organizzata, esso persegue uno scopo molto preciso: rendere odiosi gli Ebrei», e vi è riuscito, con un’azione metodica che si è rivelata, alla prova dei fatti, infinitamente più nociva di quella dell’antisemitismo pagano.

Questo va di pari passo con uno statuto privilegiato.

Quello inventerà il sistema di umiliazione.»


Prossimamente, tornerò ancora sul resto del libro.


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