martedì 16 luglio 2024

“La guerra lampo dei fratelli Marx - Duck Soup” (1933)

 


Cinema - Cult Movie


“La guerra lampo dei fratelli Marx - Duck Soup” (1933)


regia di Leo McCarey

con Groucho, Harpo, Chico, Zeppo Marx, Margaret Dumont, Edgar Kennedy, Raquel Torres, Louis Calhern.


«L’ultimo leader ha rovinato questo posto perché non sapeva cosa farsene; se pensate che questo paese è ora in pessime condizioni, aspettate a vedere la fine del mio mandato. (...) Sono molto attento, fate quindi attenzione. Se qualcuno verrà sorpreso a rubare senza darmi la mia parte, sarà messo al muro».


«-Ecco i piani di guerra. Sono preziosi quanto la sua vita che è piuttosto a buon mercato. Li custodisca come una gatta sorveglia i suoi gattini. Ha mai avuto gattini? No, certo no, lei è troppo occupata con le sue partite di bridge. Non capisce cosa cerco di dirle? Io l'amo, perché non mi sposa?

-Come? Sposarla?

-Lei prende me e io prendo una vacanza. Avrò bisogno di una vacanza se ci sposiamo. Sposati... la vedo già in cucina piegata sul forno, ma non riesco a vedere il forno.»


«-Ascoltami bene: ho trovato il lavoro per te, ma prima dovresti farti un paio di domande importanti. Cos'è quella cosa che ha quattro paia di pantaloni, abita a Filadelfia e non piove ma diluvia?

-Buona questa. Ci sono tre possibilità di indovinare.

Un momento, allora. Ha quattro paia di pantaloni, abita a Filadelfia... È maschio o femmina?

-No, no, non credo.

-È morto?

-Chi?

-Non lo so. Be', rinuncio.

-Rinuncio anch'io. Ora ti faccio un'altra domanda: cos'è quella cosa che ha grandi baffi neri, fuma un gran sigaro nero ed è una grande seccatura?

Non dirmelo! Una cosa che ha grandi baffi neri...

-Eh.

-... fuma un gran sigaro nero...

-Eh.

-... ed è una grande... Porta gli occhiali?

-Eh, sì: l'hai indovinato subito.

-E così non avrai il posto che intendevo darti.

-Quale posto?

-Ministro della guerra.

Va bene, lo accetto.

-Affare fatto.»


«Siamo nei pasticci amici, correte a Freedonia: tre uomini e una donna sono bloccati in un palazzo. Mandate aiuto! Se non potete mandare aiuto, mandate altre due donne!»


“La guerra lampo” (“Duck Soup” è il titolo originale) è la parodia comica per eccellenza, un film che ha fatto scuola e ancora oggi è da manuale. È lo sberleffo elevato ad arte.

Ma non è solo parodia, è satira dissacrante con un ritmo elevatissimo e il dono massimo della sintesi: riesce a dire in poco più di un’ora, quello che altri prodotti simili non potrebbero neanche in tre ore.


Riesce a fondere il cinema muto con quello sonoro. Molte delle gag, tra cui quella dell'ambulante, o quella ancora più famosa dello specchio, si reggono anche senza necessità del sonoro, potrebbero infatti fare a meno anche dei rumori, non solo delle parole.

“La guerra lampo” è l'ultimo dei lungometraggi del quartetto perché Zeppo successivamente lascerà e gli altri continueranno solo come trio. È anche quello più geniale e in qualche modo più “serio”.


Per questo film fu chiamato un regista con alle spalle una lunga esperienza: Leo McCarey, che aveva già diretto anche Stan Laurel e Oliver Hardy.

Siamo in un territorio completamente fantastico, fuori dal tempo e dai luoghi, anche se l’ambientazione richiama il contesto europeo. Freedonia e Sylvania sono stati immaginari e astrattamente verosimili. È su questa fantasiosa verosimiglianza che si gioca la cifra artistica del film e l'interpretazione da sofisticati guitti dei Fratelli Marx. 


Groucho, Harpo e Chico danno il meglio di sé, e il doppiaggio italiano funziona molto bene. I dialoghi e le battute sfruttano al massimo le potenzialità del giovanissimo cinema sonoro.

Siamo nel 1933 l'anno dell'ascesa di Hitler al potere, e anche se non ci sono richiami diretti alla situazione tedesca, si respira forte anticipazione, soprattutto riguardo ad una possibile rischiosa atmosfera bellica, causata dal capriccio di leader fuori di testa.


Il fantastico è nutrito da richiami e citazioni su contesti di guerra precedenti e senza nessun collegamento: confederali e nordisti, napoleonici, austriaci... 

Il legame è trasversale, mediante una logica apparentemente insensata.

La velocità, il ritmo, soprattutto nella sarabanda bellica finale salgono ad un'intensità non inusuale per i prodotti di quel periodo, ma sicuramente inediti dal punto di vista satirico.

Il film ha come bersaglio primario il potere e le strutture istituzionali che lo sostengono.


È un'opera che unisce il cinema al teatro, all’operetta e al cabaret. Le gag, anche se possono avere vita propria isolatamente, sono unite in una sorta di micidiale comica sottotrama. 

L’atmosfera del film è trasgressiva e demistificante, addirittura sovversiva, considerata l’epoca in cui uscì, sempre in bilico tra ricomposizione e distruzione. Non si sa mai cosa aspettarsi dalla trama e dagli attori. L’improvvisazione la fa da padrona.


Groucho è un folletto frizzante e dissacratore sia nella mimica che nelle battute. Ha infatti il merito di contribuire considerevolmente alla dimensione surreale del film. L’entrata in scena tramite una pertica da pompieri, non solo è geniale, ma è assolutamente spiazzante per lo spettatore, per il quale i punti di vista si vanno a confondere.


Harpo incarna l’essenza del cinema comico muto, le sue incursioni dispettose e “insopportabili” agevolano il compito di Groucho e Chico. Fa spesso da spalla a Chico, oppure è Chico a fare da spalla a lui. Stesso schema anche con Groucho, soprattutto nella già citata sequenza dello specchio, riuscitissima metafora sul doppio, irresistibilmente comica e drammatica insieme, così tesa verso la perdita dell’identità.


La satira politica è estremizzata, priva com’è di alcun elemento di mediazione. È semplice corrosivo cinismo: il potere è stolto e grottesco, come pure chi ne è portatore e chi lo asseconda servendolo. Tuttavia, allo stesso tempo, nell’esercitarlo senza ipocrisia, ci si diverte un mondo, perché vengono distrutti cliché e “nobili” motivazioni.


Il film è pura rappresentazione anarchica. Ogni ideologia viene fatta a pezzi, senza neanche prendersi il disturbo di farne oggetto di attacchi diretti. Basta demolire il concetto di alternativa, governo giusto e riscatto dei deboli. Deridere il buon senso e la democrazia, come si può deridere qualsiasi potere autocratico che inscena la farsa delle elezioni. 

È il trionfo di uno strepitoso nichilismo anarchico, con la distruzione del potere e dell’ordine.


L'unica vera alternativa è il gioco infantile, il nonsense fine a se stesso, quello che partecipa ben volentieri alla farsa della guerra, ma solo per farne letteralmente deflagrare le strutture e le contraddizioni. Il Chico doppiogiochista, senza alcuna vera motivazione, va in questo senso. 

Nessun pacifismo quindi, nessuna nonviolenza, ma la volontà di usare la guerra come nemesi distruttiva, solo per liberare il caos a favore di una rivoluzione farsa, come lo sono buona parte delle rivoluzioni, per buona pace di chi ci crede.

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