mercoledì 28 agosto 2024

“Il Settimo Sigillo” (1957) - regia di Ingmar Bergman

 


Cinema - Cult Movie 


“Il Settimo Sigillo” (1957)


regia di Ingmar Bergman 

con Max Von Sydow, Gunnar Björnstrand, Bengt Ekerot, Bibi Andersson, Nils Poppe


«E quando [l'Agnello] aprì il settimo sigillo, si fece nel cielo un profondo silenzio di mezz'ora. E vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio, e furono loro date sette trombe. [...] E allora il primo angelo die' fiato alla tromba, e ne venne grandine e fuoco misto a sangue. E così furono gettati sopra alla terra, e la terza parte della terra fu arsa, e la terza parte degli alberi fu arsa, e fu arsa l'erba verdeggiante. E quindi il secondo angelo die' fiato alla tromba e una specie di grande montagna di fuoco ardente fu gettata in fondo al mare, e la terza parte del mare diventò saggia [...] E anche il terzo angelo die' fiato alla sua tromba. E dall'alto del cielo cadde una stella grande, ardente come fiaccola. La stella si chiamava [...] Assenzio.»


«Perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi?»


«Lo ricorderò, questo momento: il silenzio del crepuscolo, il profumo delle fragole, la ciotola del latte, i vostri volti su cui discende la sera, Mikael che dorme sul carro, Jof e la sua lira... cercherò di ricordarmi quello che abbiamo detto e porterò con me questo ricordo, delicatamente, come se fosse una coppa di latte appena munto che non si vuol versare. E sarà per me un conforto, qualcosa in cui credere.»





Ingmar Bergman è a mio parere il regista che meglio di altri ha saputo giocare con la dimensione onirica: in quasi tutta la sua produzione è presente, infatti, un alternarsi di sogno e di incubo, o addirittura una loro fusione in un unico elemento narrativo e visivo, con gioia, ironia, sarcasmo, terrore e orrore, anche nello svolgersi di uno stesso contesto, o di una stessa unica sequenza. Uno degli autori più visionari della “settima arte”, ma nello stesso tempo spietatamente realista. È stato un raffinato interprete del tema del doppio e dell’ambiguità.


Tra le tante cose incredibili di un film come il “Settimo Sigillo” non si può non evidenziare il fatto che un capolavoro del genere sia stato girato solo in trenta giorni e con pochissimi mezzi.

Erano infatti queste le condizioni poste dalla produzione al regista che lo aveva fortemente voluto, stimolato, a sua detta, anche dall’ascolto dei “Carmina Burana” di Orff. 


Il film è un riadattamento di una breve pièce teatrale in un atto unico dello stesso Bergman dal titolo “Pittura su legno”, ed è infatti ispirato agli affreschi contenuti in alcune chiese medievali. Non so se tra questi ci fossero anche opere di Albrecht Dürer, in quanto è proprio l'artista tedesco che viene soprattutto in mente guardando il film.


“Il Settimo Sigillo” contiene l’essenza del medioevo in tutte le sue manifestazioni: sia in quelle idilliache, nelle quali viene celebrato il trionfo della vita, sia nel loro contrario, nel tremendo incedere della morte. 

Una delle sequenze più esplicite in questo senso è quella della festosa e dionisiaca rappresentazione buffonesca della compagnia dei guitti, interrotta dall’irrompere del tristo corteo dei flagellanti.


All’interno del film sono rintracciabili, inoltre, una pluralità di temi differenti, consegnati di volta in volta all’immaginario collettivo: il peccato, l’espiazione, la superstizione, il terrore panico per la fine di tutte le cose, l’angoscia esistenziale che viene ad affacciarsi sulla scena della Storia, il disarmato e magico contatto con la natura, l’eresia, il dubbio e l’assurdità della guerra; la ricchezza e la complessità stessa del medioevo, epoca, tutt’altro che schematizzabile. 


Tuttavia, è la sequenza del cavaliere Antonius Block che gioca a scacchi con la Morte, sullo sfondo di una cupa spiaggia sassosa e deserta, con il mare mosso e un cielo plumbeo colmo di nubi, testimoni e messaggeri di un’apocalisse incombente, ad entrare nel mito. Una delle sequenze in assoluto più famose della storia del Cinema. 

L'apocalisse è rappresentata qui dall’arrivo della peste, che si teme possa probabilmente portare con sé la fine del mondo.


La varie sequenze degli scacchi e quella finale della macabra processione al seguito della Morte riassumono sinteticamente e meravigliosamente il senso di tutto il film, fatto di luce, ombra, di chiaroscuri, di passioni in tumulto, di delirio mistico e di bruciante affermazione dell’esistenza.

Il cavaliere e il suo scudiero sono ombre alla deriva di ritorno dalla Crociata. Hanno già visto in faccia la Morte, ma solo il primo sa riconoscerla nella sua personificazione, perché ancora crede che il divino possa in qualche modo rivelarglisi. 


Sono entrambi come svuotati dalla guerra, il cavaliere però non si arrende, tormentato dall'ossessione della ricerca di Dio. Lo scudiero Jöns invece è oramai assolutamente privo di speranza ed è posseduto da un infinito, ironico e cinico disincanto, da un assoluto nichilismo. È un uomo già volto verso un’asettica razionalità, dalla quale contempla unicamente il vuoto assoluto. Si fa beffe del timore e del sentimento spirituale. Per lui tutto è già finito.


È l'eterno conflitto tra chi vuole trovare a ogni costo un senso e chi ha perso ogni illusione. Il rogo della strega è la terribile simbolica sintesi tra le due condizioni. Lei non ha visto Dio, ma sicuramente sa che cos'è il diavolo, e il maligno forse sa dove può trovarsi Dio. 

In fondo, cavaliere e scudiero non hanno visioni così opposte, inconciliabili. Sono come due facce d’una stessa medaglia, due versioni della stessa anima umana tormentata dalla vertigine dell’insensatezza dell’esistenza.


D’altronde, è proprio con questo film, che il maestro svedese affronta la tematica del “silenzio di Dio”, a cui poi successivamente dedicherà una specifica trilogia. 

È da tale silenzio che derivano il vuoto e la disperazione dell’uomo.

Una ricerca che non troverà risposta non solo nel corso del film, ma di un’intera carriera, anche se tornerà a ossessionarlo più volte. È il punto di vista di un ateo o di un uomo profondamente religioso? C’è chi sostiene che quella del regista sia una visione influenzata, volontariamente o meno, dall’etica calvinista. 


In ogni caso, Bergman sembra suggerire, anche a se stesso, che Dio acquista senso solo quando è inafferrabile, imponderabile, lontano, e un’ossessiva ricerca può rivelarsi vana fin dall’inizio.

Tuttavia, la dilazione che il cavaliere chiede alla Morte gli permetterà di compiere una buona azione, che, a dispetto dello scudiero apre forse il sigillo della speranza e dell’amore. La presenza di Dio, nella sua assenza.


“Il Settimo Sigillo” è anche l’opera che ha lanciato definitivamente quel mostro di bravura che è stato Max Von Sydow, qui proprio nella parte del cavaliere, la cui carriera fu caratterizzata da un lungo e proficuo sodalizio con Ingmar Bergman. È comunque tutto il cast a essere fantastico: da Gunnar Björnstrand, nella parte dello scudiero, a Bengt Ekerot, negli inquietanti panni della morte, alla bellissima e solare Bibi Andersson e al brillante Nils Poppe.

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