mercoledì 21 agosto 2024

“Rapito” (2023) - regia di Marco Bellocchio

 


Cinema


“Rapito” (2023)


regia di Marco Bellocchio

con Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala, Edoardo Maltese, Fabrizio Gifuni


Avete per caso sentito parlare del bellissimo film "Rapito" di Marco Bellocchio, uscito l’anno scorso? Non preoccupatevi se la risposta dovesse essere negativa, è normale. Sui mass media e sui social, si è preferito, come al solito, fare polemica tra squadre contrapposte sul mediocre film della Cortellesi, oppure su “Io capitano”, piuttosto che parlare di uno dei film italiani migliori degli ultimi anni, diretto da uno dei pochi registi veri ancora in attività.


È tratto da una storia vera, con protagonista negativo uno dei papi più antisemiti della storia: Pio IX. Al centro della trama il noto caso di Edgardo Mortara, bambino ebreo di Bologna strappato alla sua famiglia nel 1858, dai vertici ecclesiastici, perché battezzato di nascosto da neonato da una domestica di casa, che voleva salvarlo dal Limbo. Le norme canoniche dello Stato pontificio proibivano a una famiglia non cristiana di crescere ed educare un bambino battezzato come cristiano.


Classico caso fondato sul paradigma antigiudaico del popolo deicida testimone, vecchio di più di millesettecento anni, che la chiesa cattolica, fino al Concilio Vaticano II, promuoveva con il fine della conversione, forzata o meno, di tutti gli ebrei, e che tanto peso ha avuto anche sulla formazione dell'antisemitismo moderno. Era il sistema di umiliazione, quello che lo storico Jules Isaac definiva “insegnamento teologico del disprezzo”, il cui inizio coincide con l'ascesa al potere politico della Chiesa cristiana.


Ma che aveva già gettato le basi alla fine del primo secolo, al tramonto del giudeo - cristianesimo, sulla ceneri di una Chiesa nata profondamente ebrea, e a causa dell’inasprirsi del conflitto tra giudaismo rabbinico e giudaismo cristiano, con inevitabile e dolorosa separazione definitiva della Chiesa dalla Sinagoga.

“Rapito”, oltre ad essere scrupolosamente fedele nella ricostruzione storica, risulta fin da subito appassionante, con un ritmo assai sostenuto, ed è liberamente tratto dal libro di Daniele Scalise “Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa”.


Devo confessare che pochissimi film prodotti negli ultimi anni sono riusciti a destare il mio stupore, film italiani poi, ancora di meno. Ho visto ottimi film, magari anche dei capolavori, ma opere che mi hanno veramente stupito, no. 

Bellocchio riesce in questa sorta di miracolo, sia per la tematica trattata, sia per la grande inventiva, che per la capacità di sintesi.


“Rapito” è un’eccellente opera sull'intolleranza, che parte da quella religiosa, fino a estendere la sua critica alle dinamiche che la sorreggono, fondate sulla riproduzione culturale di un pregiudizio che si perde nei meandri del fanatismo, dell’irrazionalità, del plagio, dell’indottrinamento e della superstizione. Bellocchio rintraccia perfettamente quali siano i meccanismi della manipolazione da parte del potere, che prescinde anche da quello religioso, riesce ad essere magicamente esaustivo e non dimentica nulla sull’argomento. 


Il film è girato con grande maestria in un’atmosfera soffocante e claustrofobica e si avvale di attori tutti bravissimi. Una particolare menzione meritano innanzitutto Paolo Pierobon nella parte di un delirante Pio IX, Fabrizio Gifuni che interpreta l'inflessibile inquisitore Pier Feletti, Barbara Ronchi e Fausto Russo Alesi, nelle parti rispettivamente della madre e del padre di Edgardo, colti perfettamente nel loro indescrivibile dolore, ma indisponibili al ricatto di dover rinunciare alla loro religione per convertirsi, al fine di poter riabbracciare il loro bambino.


Le sequenze da ricordare sono diverse, distribuite in tutto il film. Ma su tutte, val la pena di menzionare quella che non può essere dimenticata: Edgardo bambino, che colto dal senso di colpa, sogna di arrampicarsi su un enorme crocifisso e di togliere i chiodi dalle mani e dai piedi del Cristo.


Bellocchio ha dimostrato di avere coraggio a scegliere questo soggetto, sia per ovvie implicazioni politico religiose, sia perché è un argomento che poteva rivelarsi assai scivoloso. Dimostra invece di saperlo trattare con il dovuto equilibrio, ma senza indecisioni e senza mitigarne il messaggio complessivo.

 

Un film importante, insomma, in un periodo in cui assistiamo a un pericoloso rigurgito di tradizionalismo cattolico, reazionario, antisemita e anticonciliare, il cui intento è appunto la cancellazione del Vaticano II. Il cattolicesimo sa essere ben altro, per fortuna.

Usare la parola “capolavoro” non è affatto esagerato, allora. Una rara luce nel panorama italiano odierno.

Nessun commento:

Posta un commento

Ogni commento, prima di essere pubblicato, verrà sottoposto ad autorizzazione. Grazie

“Nodo alla gola (Rope)” (1948) - regia di Alfred Hitchcock

  Cult Movie “Nodo alla gola (Rope)” (1948) regia di Alfred Hitchcock  con James Stewart, John Dall, Farley Granger, Joan Chandler, Douglas ...