venerdì 6 settembre 2024

“Cane di paglia” (1971) - regia di Sam Peckinpah


 Cinema - Cult Movie 


“Cane di paglia” (1971)


regia di Sam Peckinpah 

con Dustin Hoffman, Susan George, Del Henney, Ken Hutchison, Peter Vaughan, Donald Webster, Sally Thomsett 


«Il Cielo e la Terra sono spietati e trattano le miriadi di creature come cani di paglia: il saggio è spietato e tratta le persone come cani di paglia... Lo spazio tra Cielo e Terra non è come un soffietto?»

Lao Tzu


«Kubrick ci insegna freddamente che viviamo in un inferno che ci siamo costruiti da soli; Peckinpah brucia nelle fiamme con noi, agonizzante.»

William S. Pechter


“Cane di paglia” è il film più controverso di Peckinpah, ed è il suo primo “non western". Quello per il quale è stato accusato di fascismo e misoginia.

Il film nasce dall’idea del produttore Daniel Melnick di adattare per il grande schermo un romanzo del quale possedeva i diritti.

La storia non era niente di che: riproponeva il frequente stereotipo della difesa da parte dell’uomo pacifico della propria famiglia da un gruppo di soggetti prepotenti e violenti. Melnick aveva, però intuito che il libro nelle mani sapienti di Peckinpah poteva diventare un ottimo film d’azione.


Peckinpah non ne era molto entusiasta, perché aveva dichiarato che dopo “Il mucchio selvaggio” era stufo di girare un altro bagno di sangue.

L’intento della storia era quello di far emergere da un pacifista liberal l’istinto distruttivo e vendicativo, le pulsioni violente più dissimulate. Ma lui rese il carattere del protagonista ben più complesso, aiutato dalla strepitosa prova attoriale di Dustin Hoffman.

Ringiovanì la coppia dei coniugi ed eliminò la figura della figlia. 


La relazione tra i due personaggi non è tutta rose e fiori. Il professor David Sumner nonostante la sua attitudine al pacifismo, ostenta una superiorità intellettuale che irrita la giovanissima moglie, la quale lo vorrebbe più attento affettivamente. L’aggressività del protagonista è malcelata e cova sotto la cenere. Come forma di ritorsione Amy mette in atto una serie di piccoli dispetti e comincia a flirtare con gli operai che gli stanno costruendo un garage, tra cui ci sono alcuni suoi amici e una vecchia fiamma.


Questa dinamica ha molto di autobiografico e ripropone alcuni aspetti della relazione del regista con la moglie.

Il contrasto maggiore che emerge tra i due protagonisti è rappresentato dal posto in cui scelgono di andare a vivere: il luogo di origine di lei, un villaggio in Inghilterra.

Per la location fu scelto un paesino della Cornovaglia e una fattoria come residenza dei Sumner.


Quanta parte di Peckinpah c’è in Sumner? Quanti di noi si sono riconosciuti in lui?

Per ammissione dello stesso regista la risposta a entrambe le domande non può non essere di conferma: Peckinpah è Sumner, noi siamo Sumner.

La scelta della tipologia del personaggio non avviene così automaticamente come nel soggetto. Non c’è nulla che possa far pensare che nel regista ci fosse l’intenzione di prendere di mira un certo stereotipo. 


È invece più credibile che scatti una sorta di identificazione nel personaggio: un intellettuale un po' borioso che viene fatto oggetto di prepotenze e che cerca un riscatto usando l'intelligenza e una raffinata forma di violenza contro la forza bruta, ma che, proprio per questo, è destinato ad arrivare ad un livello maggiore di crudeltà.


La sequenza dello stupro che si trasforma in atto d’amore passionale consenziente e poi di nuovo in stupro, con il volto di Susan George quasi sempre in primo piano, oltre ad essere un’interpretazione memorabile, è anche il clou di tutto il film, e forse il motivo maggiore di polemiche.

Fu la George comunque a convincere il regista a girarla così, dopo essere scappata precedentemente dal set, terrorizzata dal lui e da quello che pretendeva.


In questa sequenza viene fuori tutto Peckinpah, filtrato dalla moderazione della George: da un lato il violento e pericoloso abusante, dall’altro l’uomo tenero e gentile. Una scena che pose fine incredibilmente senza un motivo razionale al rapporto di amicizia tra lei e Hoffman.


Peckinpah fu accusato di maschilismo per la messa in scena dello stupro in maniera così ambivalente e di fascismo per lo scatenamento della violenza successiva del giovane professore. La critica si divise tra chi lo accusava e chi ne prendeva le parti, affermando che era invece un atto d’accusa contro la violenza privata in tutte le sue forma. E si può ben affermare che nessuna delle due interpretazioni abbia torto. Nell'ambiguità, possono essere tutte e due corrette.


Peckinpah non sciolse mai il dubbio, nelle interviste sembrava far sue entrambe le interpretazioni. D’altronde, spiegare la propria arte non ha sempre senso, mentre lo ha nel cercare di decifrare l’arte altrui. E quindi si potrebbe dire che Sumner sia da condannare e insieme da comprendere, perché è molto umano, è molto vicino a ciascuno di noi. La rappresentazione di ciò che è dentro la nostra coscienza, anche se sono istinti primordiali, anche se è un inferno, è comunque un atto di denuncia in sé, a dispetto di ogni interpretazione ideologica.


Durante il film, Peckinpah fece la conoscenza di Katy Haber, una delle segretarie. Katy divenne centrale, con la sua estrema efficienza, nell’organizzazione della vita del regista nelle riprese, e sua partner sentimentale. Era figlia di rifugiati ebrei, fuggiti dalla Cecoslovacchia poco prima di essere catturati dai nazisti, una sua zia morì in un campo di concentramento. Una gigantesca foto della zia è ospitata in un museo sull’olocausto. 

Nacque un grande amore tra il già maturo Sam e la giovane Katy. Un amore molto passionale, assai problematico, persino distruttivo, ma che durò per sette anni.


Peckinpah si era talmente immedesimato che durante le riprese andò spesso fuori controllo, con grande preoccupazione di tutta la troupe, si ammalò anche di polmonite. Alternava il rapporto amoroso con Katy, con quello con un’altra segretaria: Joie Gould, terza moglie del regista. I suoi scatti di gelosia, nei confronti di entrambe, perfino violenti nel caso della Gould, divennero famosi.

Tuttavia, lui non si faceva scrupoli, era un seduttore incallito, cadevano nella rete persino donne insospettabili.


Come possa essere venuto fuori un capolavoro del genere da un nevrotico sessuomane alcolizzato è il mistero della sregolatezza che favorisce il dispiegarsi del genio, una caratteristica che si ripropone spesso nell’arte. A prescindere, comunque, da ogni facile moralismo, è la creatività umana che fa i conti con la realtà nel momento in cui la rappresenta, con le proprie pulsioni, con i propri sentimenti, anche con quelli più reconditi, e con la parte più nera di ognuno di noi.


Nonostante il fatto che “Cane di Paglia” contribuì a rendere ancora più famoso Peckinpah in tutto il mondo, il film non ebbe un grande riscontro commerciale, probabilmente per gli stessi motivi che lo resero famoso, un paradosso non così raro nel Cinema.


«[David] aveva preparato tutto [...] Se guardate, ci sono diciotto diversi momenti nel film in cui avrebbe potuto evitare tutto questo. Non lo ha fatto. Ha lasciato che accadesse [...] Come spesso nella vita anche noi lasciamo che le cose ci accadano perché lo vogliamo [...] Ho dato ormai già due lezioni sul film a degli psichiatri [...] Mi chiedevano: “Come l’hai scoperto?” Be’, sono stato sposato un paio di volte».

Sam Peckinpah 


«C’era un preciso meccanismo di autodistruzione in Sam, non c’è dubbio al riguardo», dice Susan George. «Ma trovò il suo corrispettivo dentro quel film in Ken Hutchison. Ken era la sua anima gemella. A volte era stupido, irascibile e spaventoso quanto Sam. Io e Hoffman tornammo all’hotel una sera dopo essere stati insieme tutto il giorno e assistemmo a questa lite nel bel mezzo della sala ristorante. Pensai: oddio, no, non un’altra volta! Perché di queste risse da bar ce n’erano sempre. Dissi a Sam: “Oh, ti prego, non farlo! Per favore, non essere così stupido!” E continuavano, e continuavano, finché non infransero dei bicchieri su un tavolo e Ken si tagliò un braccio. Dovetti accompagnare Ken all’ospedale. Ma ero anche quella che poteva parlare a Sam quando accadevano cose del genere. Quando ferì Ken, ero furiosa con lui. Fermai la lite. Mi aveva molto turbata. Sam mi dava ascolto; odiava ferirmi. Mi trattava come se fosse il mio fidanzato e mio padre».


[Le citazioni sono tratte dal libro biografico “Se si muovono… falli secchi” di David Weddle]

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