martedì 24 settembre 2024

“Scipione detto anche l’Africano” (1971) - regia di Luigi Magni


 Cult Movie 


“Scipione detto anche l’Africano” (1971)

[giudizio: ottimo]


regia di Luigi Magni 

con Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Ruggero Mastroianni, Turi Ferro, Woody Strode, Fosco Giachetti


«Ingrata patria, non avrai le mie ossa.»


«Nun ve montate la capoccia, e ricordateve chi sete. Ma quale civiltà, romani? Pe' tirà su 'na casa che nun fosse 'na catapecchia avete dovuto ricorre a li greci (però prima je avete dovuto mena'). I ritratti, le pitture a sguazzo, i pupazzi de marmo e de bronzo, li nonni morti a mezzo busto... quelli ve li sete fatti fa' da li etruschi (a forza di sganassoni). Quanno, poi, s'è trattato de scrive' du righe de storia patria, avete dovuto pija' in ostaggio 'n artro greco, Polibio, perché a Roma quello che sa scrive' mejo, sì e no, sa fa la firma. Dice "C'avemo Plauto che scrive le commedie!"... un par de ciufole. Ma che scrive Plauto? Plauto copia, copia le commedie dei greci e dice che le ha inventate lui. Per cui, 'a giovanotti, io ve sto pe' dà 'na gran brutta notizia: tutta 'sta civiltà, 'sta coltura vostra non è altro che bottino de guerra.» (Catone)


«L'amore è fatto de cose piccole, è fatto anche de miserie, forse per gente piccola, e tu sei grande, sei troppo. Come se fa a volette bene? Scipio', sei fastidioso…

… 'Na vorta t'odiavo, e l'odio basta pe' tenesse insieme. Poi pure l'odio more e, quando nun c'è più nemmanco l'odio, te vie' 'na voglia de pace, de nun fa più gnente…» (Emilia)


Scherzando e ridendo, con Luigi Magni hanno lavorato molti dei migliori attori italiani di un’intera epoca: Nino Manfredi, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Silvana Mangano, Claudia Cardinale, Gigi Proietti, Aldo Fabrizi, Enrico Maria Salerno, Salvo Randone.

Non era considerato cinema “nobile” il suo, tuttavia, è stato senza dubbio un grande Cinema, quello di un pregevole artigianato.


Credo di possa affermare tranquillamente che Luigi Magni abbia inventato un genere, facendolo però con stile assai ironico ed estroso: la commedia all’italiana di ambientazione storica su Roma.

La trilogia sulla Roma risorgimentale papalina ha fatto storia ed è da antologia.

Certo, non sempre la qualità è risultata all’altezza, ma tra i prodotti migliori è bene annoverare anche questo film abbastanza sottovalutato.


Dietro la veste da commedia che trae anche ispirazione da Plauto, si nasconde un dramma antichissimo, quello sul potere e sulle sue regole non scritte, ma accettate da tutti in base al “gentlemen agreement”, come si suol dire oggi. Non c’è spazio per chi vuole attenersi a regole morali definite, o meglio lo spazio c’è fino a quando si è utili, funzionali alla riproduzione del potere stesso.

Assai significativi, a tal proposito, sono il j’accuse di Emilia (Silvana Mangano) sull'eccessiva rettitudine, e il monologo finale di Scipione (Marcello Mastroianni) verso la fine del film.


La sceneggiatura di Magni cerca a modo suo di essere fedele agli stessi avvenimenti storici, aggiungendo diverse gustose invenzioni.

Gli attori, inutile dirlo, sono tutti, strepitosi. La naturalezza con cui recitano Marcello Mastroianni, Gassman e la Mangano è semplicemente sublime.

Da segnalare anche la presenza di Ruggero Mastroianni che per una volta non veste solo i panni di montatore. 


Il taglio “popolare” del cinema di Magni è un valore aggiunto che concorre alla riuscita qualitativa di diversi suoi film e la rilettura storica ha valore soprattutto come riflesso sulla realtà attuale, quando per attuale si intende anche il periodo in cui ha operato il regista romano. 

Ma attenzione, ciò non vuol dire affatto che usi il passato strumentalmente per poi proiettarlo solo sul presente. La sua operazione è molto rispettosa nei riguardi della materia storica, anche se ne rende una versione “volgarizzata”, popolaresca, a tratti caricaturale.


Il punto di forza sono, come al suo solito, i dialoghi.

Proprio per questo, l’utilizzo del romanesco moderno non è affatto fuori luogo. Oltre ad essere divertente, è volto alla creazione di un contesto dal taglio popolare: un’operazione non facile e anche molto acuta. Si guardi per esempio all’accento e alla parlata di chi non era romano di nascita come per esempio Catone il Censore, di origini plebee contadine, nato a Tusculum (Tuscolo), città più antica di Roma, che occupava il territorio di alcuni odierni Colli Romani Tuscolani (Frascati, Monte Porzio, Monte Compatri, Grottaferrata).

Sottigliezze che possono sfuggire ai più, ma che erano del tutto intenzionali da parte di Magni.


Volendo poi dare uno sguardo ai credits, ci accorgiamo che la colonna sonora è addirittura del maestro Severino Gazzelloni e la fotografia di Arturo Zavattini, figlio del più noto Cesare.

Da segnalare anche le ottime prove attoriali di Turi Ferro nella parte di un disincantato Giove Capitolino, doppiato da Ferruccio Amendola, e del Massinissa di Woody Strode, famoso per la sua eccellente interpretazione del gladiatore Draba in “Spartacus”, e qui doppiato da Renzo Montagnani.

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